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Zoran, Il Mio Nipote Scemo, di Massimo Oleotto


Scheda

Regia: Massimo Oleotto
Soggetto: Daniela Gambaro, Pierpaolo Picciarelli, Matteo Oleotto
Sceneggiatura: Daniela Gambaro, Pierpaolo Picciarelli, Matteo Oleotto, Marco Pettenello
Fotografia: Ferran Paredes Rubio
Suono: Emanuele Cicconi
Musiche: Antonio Gramentieri e i Sacri Cuori
Montaggio: Giuseppe Treppicone
Nazione: Italia - Slovenia
Anno: 2013
Genere: commedia
Durata: 106’
Cast: Giuseppe Battiston, Teco Celio, Roberto Citran, Rok Prasnikar, Marjuta Slamic
Uscita: 9 novembre 2013
Produzione: Transmedia - Staragara
Distribuzione: Tucker Film
Voto: 6 ½

In un piccolo paese vicino Gorizia risiede Paolo, un uomo dedito al vino, al lavoro in una mensa e ancora innamorato di sua moglie, ormai sposata con Alfio, suo capo al lavoro. Un giorno Paolo viene a conoscenza della morte di zia Anija, una donna Slovena a lui sconosciuta che gli lascia in eredità l’affidamento di Zoran, quindicenne strano e problematico dotato però di una inaspettata abilità nel gioco delle freccette.

“O lo si ama o lo si odia…” con queste poche parole si può identificare l’opera prima di Matteo Oleotto, volto nuovissimo del grande schermo autore di una pellicola che ha fatto grande fatica a prendere la luce, come riconosciuto dallo stesso regista, ma che una volta approdata in sala ha saputo catturare l’attenzione dei critici, con numerosi premi vinti in quel di Venezia. Una pellicola che fa della taglia fuori controllo di Giuseppe Battiston l’arma segreta in più, un’arma illegale alla quale legarsi per cercare di strappare qualche sorriso, in realtà sono molti i sorrisi che Battiston e il film regalano agli spettatori per mezzo di una sceneggiatura a quattro mani che richiama senza troppi giri di parole le atmosfere di “Rain Man”, con il giovane Rok Prasnikar, alla sua prima fatica sul grande schermo, nel ruolo che fu di Dustin Hoffman, dotato in tal caso di un’abilità quasi malefica nel lancio delle freccette, e con uno zio, Battiston, in quello di Tom Cruise, velocissimo a pensare di poter trarre vantaggi e profitti dall’abilità del nipote. Una film che però è anche capace di richiamare altrettanto rapidamente le atmosfere delle pellicole di Ken Loach, cui tutti gli sceneggiatori sono artisticamente debitori, con personaggi sul limitare della vita, capaci di alzarsi la mattina senza nulla di particolare da fare se non cercare di arrivare a sera possibilmente in salute, per precisazioni vedete o rivedete “la Parte degli angeli” penultima fatica del regista britannico. Alla fine l’opera prima di Oleotto, grazie anche alle ottime musiche folk messe in pista dai “Sacri Cuori” e Antonio Gramentieri diventa
un inno del regista e di tutto il cast, nei confronti del Friuli, pieno di luoghi lividi, nebbiosi e freddi dove solo un bicchiere di vino e l’affetto delle persone, come dice sul finire Roberto Citran, possono valere qualche cosa e dare un senso a quella cosa chiamata vita.

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