La vicenda della banda della Uno Bianca è un’anomalia della storia italiana degli ultimi cinquanta anni. Una specie di american movie ma con dei personaggi caratterizzati talmente bene da far invidia a certi film d’autore europei. Questa storia è un’anomalia perché ambientata nell’Emilia Romagna, con la sua conflittualità tra il suo essere rossa e il suo essere borghese. Anomala come tutti gli elementi della narrazione, compreso il capoluogo. Bologna, città tanto accogliente quanto sicura e ricca, rappresentò il seno d’Italia che allatta i suoi figli migliori. Finché la barca va, cantava qualcuno…finché il bianco di una macchina Fiat ha riscritto le regole del quieto vivere. La morte della cultura conservatrice e l’avvento di un mondo capitalista che genera mostri, disagio e alimenta vecchi rancori. L’unica non anomalia è il finale della storia, tutto tipicamente italiano: la donna del cattivo di turno finisce sui giornali di gossip per lucrare sulla faccenda, il cittadino medio può tornare a prendere l’autostrada del sole e godersi l’estate sulla riviera romagnola e le forze dell’ordine ne escono più che pulite. Rimane solo l’amaro in bocca e alcuni cattivi finiti al gabbio, o peggio, dalla parte dei pentiti e dei suicidati che si portano con sè tante risposte mai date.
Il disco “Uno Bianca” acquista un potenziale maggiore se missato alla memoria storica e alla propria immaginazione, ecco il perché di questa presentazione. Tutto questo è il concept del nuovo disco del progetto Bologna Violenta. Nicola Manzan, dopo svariate collaborazioni, si è buttato sulla carriera solista e ha dato luce a quattro dischi dove mischia bordate di violino ad una isterica dose di noise, usando come collante le sue passioni trasversali come il cinema o la letteratura. Nasce un sound anomalo e unico che ha portato il ragazzo a suonare in tutta Europa e a collaborare con tanta gente come nell’ultimo album dei Jesu. Sicuramente tra tutte le idee di Manzan, l’idea della Uno Bianca è il concept più coerente e geniale della sua carriera, in quanto più concreto, credibile e intrigante. Inoltre, gli inserti orchestrali, novità del disco, aggiungono una tensione tragica percepibile sulla pelle. Se ascoltato di notte, questo disco può fare emozionare come instaurare rabbia o disperazione. Si crea un transfer unico che nei lavori precedenti era meno percepibile. Gli inserti stessi sono messi tutti al punto giusto e mantengono la struttura sempre minimale ma allo stesso tempo non sono più scusanti, sono il tassello mancante per l’evoluzione del progetto Bologna Violenta. Violini e noise si mischiano con pistole bollenti, odore di sangue e cinegiornali. L’anomalia dei personaggi freak rimane e ora è impregnata nelle menti disturbate dei fratelli Savi mentre in sottofondo un telefono squilla all’impazzata o l’erba ai fianchi dell’autostrada A14 si muove lentamente lungo la notte. La prima traccia che narra la rapina ad un casello è l’esempio perfetto. Non è solo musica, è pathos concentrato. Ascoltata con la giusta propensione fa immedesimare nel casellante, si sente in lontananza una macchina arrivare a tutta velocità e mentre scoppia l’agguato l’orchestra noise devasta ogni cosa sulla terra. Rimane infine il silenzio. Altro esempio sono le prime tracce ambientate a Bologna, il passaggio dalla quieta e dalle cantilene agli agguati è immediato e si percepisce che i toni da ora in poi diventeranno più cupi e che le uniche note che si sentiranno sono le litanie ai funerali e le lacrime di una madre. Nicola Manzan è riuscito a migliorare su tutti i punti di vista senza dormire sugli allori, questo disco ne rappresenta la lieta prova.
Uno Bianca è un concept per niente banale fatto di noise, parti orchestrali e tanta rabbia che non smetterà di tormentarvi per quasi un’ora. Un grande applauso a Bologna Violenta e il consiglio di comprarvi il disco o seguire il progetto nei vari live in tutta Italia.