Devastante. Decisamente devastante. Per i Majakovich questo è il secondo lavoro, il primo interamente in lingua italiana. Ed è un punto di svolta, un disco più maturo del precedente, un esperimento più interessante. Un cambiamento per la band umbra. E no, il primo disco non era meglio.
C’è l’urgenza di scuotere gli animi e magari anche di buttare giù qualche muro fin dall’inizio. è un disco fatto con la rabbia di chi vuole migliorare le cose a tutti i costi, partendo da se stesso e finendo con la realtà che lo circonda. Alla faccia di chi si rifiuta di esplorare e di crescere, di trasformare alcuni aspetti della propria personalità, di conoscere, di correggersi. “Il primo disco era meglio” è una scarica elettrica dritta dritta nella spina dorsale. Un grido che sveglia le coscienze. Le sonorità dei Majakovich sono ruvide e cattive con intervalli più dolci ma sempre con una vena aspra di base come in “Colei che ti ingoia” con il pianoforte che placa un po’ l’atmosfera pesante dell’album e al tempo stesso si fonde alla perfezione con essa, dando al tutto un autentico tocco di classe. “Il primo disco era meglio” è martellante, accattivante ed energico con azzeccate e improvvise variazioni ritmiche. I Majakovich mischiano la malinconia, la nostalgia allo stato puro con una buona dose di furia, ottenendo un lavoro amalgamato alla perfezione, dal sapore dolceamaro. Fiore all’occhiello del disco è “Hype del cassaintegrato” in cui le attitudini violentemente stoner del gruppo incrociano toni più delicati conditi sempre con quel pianoforte che è un po’ come un balsamo sulle ferite.
Nel complesso, disco ben riuscito che rappresenta un passo avanti deciso per la band. “Il primo disco era meglio” è rabbioso, ribelle e pungente. Coeso, adeguatamente strutturato e intenso. La tempesta che concede qualche attimo di quiete al viaggiatore ma che è sempre pronta a scatenarsi in qualsiasi momento. Il secondo disco è meglio.
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