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BIOGRAFILM FESTIVAL – 10 Years Celebrating Lives: Day 4-5

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Per chi studia a Bologna l’arrivo dell’estate ha dei sintomi precisi: l’angoscia della sessione degli esami di Giugno, andare a fare l’amore ai Giardini Margherita (che per gli sfortunati si traduce in andare a spiare chi fa l’amore ai Giardini Margherita), fumarsi le canne giocando a fare i fachiri sui vetri di piazza Verdi di notte, e tante altre cose che il sottoscritto non fa più perché ha smesso di pagare le tasse all’Unibo. Ma l’arrivo dell’estate a Bologna significa anche Biografilm Festival.

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=e456rnZpag4[/youtube]

Versione rimpicciolita, più casareccia, più eco-friendly e human-friendly dei fratelloni maggiori come il Festival di Venezia o Roma, il Biografilm è una piacevole dieci giorni dedicati ad anteprime nazionali e internazionali di film sulle vite. Che siano fiction, biopic, documentari, i 101 film di quest’anno raccontano esistenze perdute, ritrovate, di leggende e di sconosciuti che hanno lasciato il segno.
Un consiglio spassionato per chi vive da queste parti, tra Bologna e l’Emilia: fate un salto, anche solo un giorno, ne può valere la pena.
Non avendo il potere dell’ubiquità, del mucchione di film in cartello ne vedrò molti meno. E ve ne recensirò solo alcuni. E’ deprimente, lo so. Ma fa caldo, il tedio estivo ha le forme di una ragnatela di umidità che si appiccica addosso alle tre di pomeriggio e se ne va solamente la mattina dopo. Tra un film e l’altro ho bisogno di fermarmi per una birra. E poi in sala c’è l’aria condizionata e se faccio troppe volte fuori-dentro è sicuro che mi becco il raffreddore.


Sunt o Baba Comunista
(Romania/2013/93′) di Stere Gulea

sunt-o-baba-comunista-200787lStere Gulea ai più suona come il nome di un calciatore della nazionale rumena dei tempi di Georghe Hagi, ma d’altronde noi italiani siamo capaci di guardare solo al nostro cinema, a quello francese e americano, con rari sprazzi di germanismo. Il cinema romeno tra gli anni ottanta ed oggi, in particolare negli anni d’apertura post-dittatoriale, ha dato alla luce piccoli e grandi lavori d’autore, diretti da registi come Radu Muntean, Tudor Voican, o Stere Gulea appunto.
La realtà dei fatti è che Gulea deriva dalla generazione pre-89, tant’è che è nato nel 1943, ed il suo masterpiece è datato 1988, I moromete. Il suo cinema è sempre stato incentrato sulle dinamiche dei rapporti familiari rapportari alla società rumena, come nel caso di Sunt o Baba Comunista, che potremmo tradurre come Sono una strega Comunista.
La storia è quella di una famiglia divisa: Emilia e Tocu sono sposati da anni e vivono con estrema modestia nella Romania contemporanea, tra le difficoltà di una società ancorata ad un’economia medievale e la voglia di aprirsi all’Occidente. I due hanno una figlia emigrata in Canada con la speranza di una vita migliore e agiata. Quando Emilia e Tocu scoprono che la loro Alice (interpretata da quel pezzo di figa di Ana Ularu) verrà a trovarli col futuro marito (un giovane imprenditore americano), cominciano i preparativi per cercare di non mostrare le difficoltà economiche con le quali devono convivere.
E invece si scopre che Alice ed il suo promesso sposo hanno perso il lavoro, sono indebitati per l’appartamento che hanno acquistato solo da poco, e per di più è in arrivo un bambino.
Il film gioca quindi su uno spiritoso scambio di parti, rafforzato dalla psicologia di Emilia: è un ex-capo reparto di un’industria attiva ai tempi del comunismo, e di quegli anni si porta appresso una certa nostalgia. Nonostante l’imbarazzante vita alla quale si era costretti a sopportare durante le pazzie egocentriche e divinistiche di Ceausescu Emilia (interpretata dalla diva rumena Luminita Gheorghiu) ne ha un ricordo positivo. Stere Gulea è abile nello spiegare il perché, facendo una critica capace e ironica al cittadino odierno rumeno, slavo o d’altronde di quel tipico comportamento che noi europei abbiamo quando siamo in preda al “Si stava meglio ai tempi di x”.
La Romania sovietica diventa una Romania fiabesca, di sogni e incubi, nel quale trovare rifugio. Uninconscio malinconico per Emilia, che nella realtà si dà da fare per trovare un modo per raccogliere i soldi e salvare la figlia dal fallimento economico.
Il film ha una potenza fotografica straordinaria, capace di dipingere la Romania contemporanea nelle sue paradossali quanto poetiche difficoltà, e il regista ne coglie l’ironia. Questo film è un dramma, ma si ride fino alla fine.

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=bUbriuTD3BA[/youtube]

Life Itself
(USA/2014/118′) di Steve James

life-itself-posterRoger Ebert, per voce dell’intero popolo americano, è il critico cinematografico più importante della storia, ed un Pulitzer vinto nel 1975 a confermarlo. Quando mi sono seduto in sala ero totalmente inconsapevole della macabra malattia che erose il fisico dell’uomo fino alla sua morte l’anno scorso. Steve James non si fa scrupoli, il documentario si apre con un bel primo piano di Ebert, decisamente poco in forma: il cancro alla tiroide gli ha scavato la parte inferiore della faccia, il corpo indebolito allo stremo, è costretto a comunicare tramite il computer. Eppure lui è vivo, lucido, “sorride” nonostante una vita che lo sta facendo a pezzi. Steve James non deve lavorare troppo sul “presente” di Ebert, gli basta intervistare la moglie, le figlie, gli amici, e far “parlare” lo stesso protagonista. Ne viene fuori una persona che fino a pochi giorni prima della morte è riuscito a non essere mai pessimista, continuando a scrivere di cinema fino alla fine (la sua ultima recensione è To the Wonder, ed è visionabile sul sito http://www.rogerebert.com/reviews/to-the-wonder-2013)
Il regista dirige la vita di Ebert facendo continui salti tra il passato (infanzia, adolescenza, successo, l’alcolismo… ) e gli ultimi mesi del 2013, creando un quadro completo, appassionato e sinceramente innamorato di un uomo d’altri tempi.

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=4tnll-IV83M[/youtube]

The Last Impresario
(Australia, UK, USA, Francia/2013/85′) di Gracie Otto

MV5BNzI2NDA2NzI3MV5BMl5BanBnXkFtZTgwMjA5Nzc1MDE@._V1_SY317_CR5,0,214,317_AL_Ci sono personaggi che hanno fatto la storia dell’arte i cui nomi ci suonerebbero Carneide, straordinari manovratori del dietro le quinte. Non sono registi, non sono attori. Magari sono eroi per gli addetti ai lavori, rivoluzionari del cinema o del teatro: come nel caso di Michael White, produttore teatrale inglese che produsse 300 spettacoli dagli anni 60 agli anni novanta. Prendete Hugh Hefner, il suo essere playboy, adoratore dell’universo femminile, e sommatelo ad uno come Howard Hughes, genio impulsivo e complessato imprenditoriale. E metteteci un po’ di Andy Warhol, quella capacità di trovare l’arte nella modernità. Ne esce un produttore che è stato capace di raggirare le durissime leggi inglesi sulla censura teatrale, di far uscire, in tempi impossibili, Oh! Calcutta!, spettacolo ricolmo di erotismo e avant-guarde che a Londra fu ripetuto per 3900 volte e a Broadway seimila. E poi Sleuth, Monty Python ed il Sacro Graal… ed il Rocky Horror Picture Show. La differenza tra uno come White ed un altro “impresario” qualsiasi (termine per i produttori di spettacoli teatrali) è stato il coraggio di rischiare tutto, sempre, di mostrare piena fiducia nelle idee di chi veniva a bussare alla sua porta. Del talent scout dello spettacolo la regista Gracie Otto analizza la vita avventurosa, ma anche una vecchiaia che è stata caratterizzata dalla bancarotta e infarti che l’hanno sì picchiato a dovere ma non abbattuto. A quasi ottanta anni di scorribande White è ancora arzillo, nonostante i due bastoni ed una lentezza di movimento giustificabile. Ed era al Biografilm, in tutto il suo carisma. E’ a qualche fila dietro di me, e quando mi alzo, dopo il film, gli do un’occhiata. Fa un po’ pena vederlo, spaesato, decisamente rincoglionito. Poi ho pensato al fatto che quello lì si è portato a letto ragazze come Naomi Watts, Naomi Campbell, Kate Moss e mi è venuta solo una gran voglia di abbracciarlo. Cosa che non ho fatto per la soggezione che mi ha provocato beccarlo dal vivo dopo la proiezione.
Il documentario, anyway, non è granchè, anzi, a trattati botte di noia pura.

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=l4_sLe1D5Zw[/youtube]

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