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BIOGRAFILM FESTIVAL – 10 Years Celebrating Lives: Day 9-10

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Per chi studia a Bologna l’arrivo dell’estate ha dei sintomi precisi: l’angoscia della sessione degli esami di Giugno, andare a fare l’amore ai Giardini Margherita (che per gli sfortunati si traduce in andare a spiare chi fa l’amore ai Giardini Margherita), fumarsi le canne giocando a fare i fachiri sui vetri di piazza Verdi di notte, e tante altre cose che il sottoscritto non fa più perché ha smesso di pagare le tasse all’Unibo. Ma l’arrivo dell’estate a Bologna significa anche Biografilm Festival.

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=e456rnZpag4[/youtube]

Versione rimpicciolita, più casareccia, più eco-friendly e human-friendly dei fratelloni maggiori come il Festival di Venezia o Roma, il Biografilm è una piacevole dieci giorni dedicati ad anteprime nazionali e internazionali di film sulle vite. Che siano fiction, biopic, documentari, i 101 film di quest’anno raccontano esistenze perdute, ritrovate, di leggende e di sconosciuti che hanno lasciato il segno.
Un consiglio spassionato per chi vive da queste parti, tra Bologna e l’Emilia: fate un salto, anche solo un giorno, ne può valere la pena.
Non avendo il potere dell’ubiquità, del mucchione di film in cartello ne vedrò molti meno. E ve ne recensirò solo alcuni. E’ deprimente, lo so. Ma fa caldo, il tedio estivo ha le forme di una ragnatela di umidità che si appiccica addosso alle tre di pomeriggio e se ne va solamente la mattina dopo. Tra un film e l’altro ho bisogno di fermarmi per una birra. E poi in sala c’è l’aria condizionata e se faccio troppe volte fuori-dentro è sicuro che mi becco il raffreddore.


 

Mi siedo in sala per la Premiazione del Concorso Internazionale. L’aria è satura di tensione. Davvero eh. Mi sarebbe piaciuto scrivere qualcosa sul mio stato alterato, un articolo del tipico scrittore strafatto di LSD, o al massimo di oppiacei, di scrivervi di pipistrelli che mi inseguono ed io che tento di fuggire nascondendomi tra il pubblico. Ma la realtà dei fatti è che in questi giorni non mi sono fumato neanche una canna e l’unica cosa che ho bevuto era la Cedrata Tassoni offerta dall’organizzazione a noi “giornalisti” .
Andrea Romeo, il direttore artistico della rassegna, tira fuori i vincitori, che vi copio-incollo per dovere di cronaca:

Best Film Unipol Award | Biografilm Festival 2014 per il miglior filmAI WEIWEI: THE FAKE CASE di Andreas Johnsen
Life Tales Award | Biografilm Festival 2014 per il più travolgente racconto biograficoDANGEROUS ACTS – Starring the Unstable Elements of Belarus di Madeleine Sackler
–  Richard Leacock Award | Biografilm Festival 2014 alla migliore opera primaJALANAN di Daniel Ziv
La giuria internazionale assegna inoltre la Menzione Speciale della giuria a THE PUNK SINGER di Sini Anderson.

The Good Life
(India/2014/’75). Di Niccolò Ammaniti

the_good_life_di_niccolo_ammanitiPotete notare come io sia stato acuto al punto tale da essermi riuscito a vedere solo uno dei film premiati. Vi giuro che recupererò presto con tanto di recensione. Anyway, io della premiazione me ne fregavo altamente, ero presente per ammirare il film d’esordio come regista di Niccolò Ammaniti, uomo che ho stretto nel cuore perché mi fa sperare che per la cultura in Italia ci sia ancora posto.
La sinossi del documentario mi lasciava un po’ spiazzato, mi suonava qualcosa di banale e forse anche un po’ noioso: la vita di tre italiani emigrati in India trent’anni fa.
E invece… E invece è stata una delle visioni più interessanti. Ammaniti è un abile storyteller, ed è capace di esserlo anche dietro la macchina da presa. Per quanto mi riguarda un buon documentario è in grado di emozionare quando riesce ad avere poco montaggio, a stare con l’immagine fissa sull’”intervistato” e a tirarne fuori la magia del racconto.
C’è Baba Shiba, che si aggira per le vie della metropoli indiana con l’aspetto del divino santone: hippie capellone, fuggì in van da un’Italia che l’aveva messo in carcere per esser sfuggito dal servizio di leva. Ora è una guida, e del mondo Occidentale non riesce più a seguirne le linee morali.
Eros era un hippie, vide l’India, non gli piacque, e quindi andò in Himalaya. Parla una decina di lingue, forse di più, e nella sua vita è stato tutto: muratore, architetto, mercenario di guerra e tante altre cose. Eros ha la terza media ed un cervello che dire particolare è poco. Dopo aver viaggiato per anni attorno al mondo si è stabilito con la (terza?) moglie in Himalaya, con i suoi figli biologici ed un’altra dozzina di figli adottati tra le gang urbane delle cittadine locali. Nonostante l’assenza di ogni insegnamento accademico, Eros è in grado di costruire piccoli capolavori architettonici.
Poi c’è Giorgio. Che aveva 13 anni negli anni settanta, e fin da quel periodo una vocina che interpretava come quella di Dio gli diceva di abbandonare tutto per andare a cercarlo. A quattordici anni prese a vagabondare, e dal Nord arrivò al Sud Italia, entrando in una compagnia circense. Con essa viaggiò fino in Turchia, dove entrò in contatto con una compagnia di missionari cristiani. E poi l’arrivo in Indiana, il contatto con un sacerdote induista che lo prese sotto la sua ala protettrice e lo trasformò in un monaco.
E’ molto difficile far trasparire l’emozione che dà questo documentario, giocato sulla capacità dei tre intervistati di saper raccontare con innocenza e fascino orale la diversità di tre uomini che hanno abbandonato volentieri l’Italia senza averne nessunissimo bisogno di ritornarci. In un periodo dove la sensazione di emigrare è sempre quella della tragedia greca, è qualcosa che vale la pena di guardare.
Ammaniti non è stato solo, ad aiutarlo c’è stato Stefano Saverioni, film maker di qualità (“Diario di un curato di campagna”).

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=TgiCwKLw2CM[/youtube]

Frank
(Irlanda, Regno Unito/95′) di Lenny Abrahamson

frankTutto il pubblico di una settimana di Biografilm non aspettava molto altro, l’anteprima italiana del nuovo film di Abrahamson. Una breve parentesi: il cinema irlandese da una decina pare in una vera e propria renaissance. Da una decina d’anni a questa parte l’Irish Film Board è stata la nave sulla quale la cinematografia gaelica ha cominciato a darsi da fare, raccogliendo successi e critica positiva. Citando Variety, “the industry is now achieving critical mass of filmmaking talent to match the kind of influence, disproportionate to its small size, that it has always enjoyed in the fields of literature and theatre. Following in the footsteps of Sheridan and Jordan comes a generation that includes such directors as Lenny Abrahamson, Conor McPherson, John Crowley, Martin McDonagh, John Carney, Kirsten Sheridan, Lance Daly, Paddy Breathnach and Damien O’Donnell and writers such as Mark O’Rowe, Enda Walsh and Mark O’Halloran.”
Frank è un film che nasce dimostrando la maturità artistica di questa nuova ondata celtica. Frank è un film complesso, da guardare con una certa consapevolezza sull’arte (musicale, ma non solo) d’oggi. Critica feroce, ma piena zeppa di comicità da far ridere di gusto anche lo spettatore più serio, sull’incapacità dei giovani di liberarsi dalla mortale rete dell’appiattimento culturale, dell’incapacità di rinnovare, di rivoluzionare. Frank racconta due storie: quella di Jon, tastierista volenteroso, che vuole entrare in una band e comporre musica, e quella di Frank, misterioso ed esoterico leader di una band dell’impronunciabile nome, i “Soronprfbs. Frank indossa sempre una maschera, non se la sfila MAI, nemmeno per farsi la doccia o mangiare (si nutre tramite cannucce). I componenti che lo circondano lo amano e seguono la sua follia musicale, fatta di cacofoniche melodie costruite di liriche deliranti, assoli di teremin, galoppanti giri di basso e chitarra da far impallidire l’art-rock più estremo. Durante un tour il tastierista dei “Soronprfbs” finisce in ospedale per tentato suicidio e Jon, con un gran colpo di culo, lo sostituisce per una serata. Frank ci si affeziona e lo fa entrare di diritto nella band.
Ne nasce un percorso durante il quale Jon tenta, involontariamente, in preda al suo egocentrismo, di “sminuire” la caratura artistica della band. Si mette a girare video virali, apre una pagina facebook e twitter, iscrive la band a dei contest musicali. I contest musicali… Quel terribile male moderno del “vince chi ha più mi piace” = vince chi più caca la minchia su facebook.
Due visioni agli antipodi, quella di Jon e Frank, una dedicata al successo e l’altra allo sfogo della propria psiche disagiata. Perché Frank è attratto da Jon? Dove porta il film? E soprattutto, come si scrive musica, poesia, arte?
Fassbender passa il novanta percento del film rinchiuso nella sua maschera, dando al suo personaggio movenze dionisiache e una voce perturbante che difficilmente lo spettatore potrà dimenticare.

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=7nEPlvySbcs[/youtube]


Il 15 Giugno è il tempo di scoprire chi ha vinto il premio del pubblico. Ovviamente è un film che non ho visto.

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=YcTC59x7J64[/youtube]

Dal sito del Biografilm
La giuria di Biografilm Italia, composta dal regista e sceneggiatore Stefano Sardo (presidente di giuria), dalla producer e distributrice Serena Gramizzi e dal vincitore della scorsa edizione di Biografilm Italia Paolo Geremei, ha conferito il Biografilm Italia Award 2014 (in collaborazione con Tassoni) a:
LEI DISSE Sì di Maria Pecchioli
Motivazione: «Il primo premio della giuria va a Lei disse sì di Maria Pecchioli perché con uno stile pieno di grazia e semplicità racconta un gesto d’amore che solo una società impaurita può rendere rivoluzionario. La sincerità nuda dei sentimenti unita alla forza politica di questo atto di gioia sono racchiusi in un film che arriva senza mediazioni al cuore dello spettatore»
Menzione speciale della giuria a:
PICCOLI COSÌ di Angelo Marotta
Motivazione: «La giuria ha deciso di assegnare una menzione d’onore a Piccoli Così, di Angelo Marotta, perché restituisce allo spettatore la testimonianza toccante e sconvolgente della vita umana nei suoi primi e più difficili passi. Un film che ritrae persone – gli adulti e i bambini – piene di tenacia e coraggio e che ci ricorda l’estrema fragilità della condizione umana.»
PICCOLI COSÌ vince anche il Premio Speciale Unipol Biografilm Collection | Biografilm Italia 2014, un premio di distribuzione di 2.000 € per la circuitazione nelle sale cinematografiche italiane in collaborazione con Unipol Biografilm Collection e I Wonder Pictures.

Per chi fosse curioso di vedere le foto delle premiazioni vada pure qui http://www.biografilm.it/2014/ , a destra troverà intere gallerie fotografiche.


 

Ulay Performing Life
(Slovenia/2013/91′) di Damjan Kozole

ulayDopo gli scroscianti giri di applausi il direttore artistico Andrea Romeo fa salire sul palco Ulay, pseudonimo per Frank Uwe Laysiepen. Ulay è un sopravvissuto di molte cose, tra le quali gli anni ’70, alle sue imprese artistiche e soprattutto ad un cancro che lo stava ammazzando. Il film su di lui nasce, sotto certi aspetti, come un testamento. Le speranze di sopravvivenza al male erano poche, eppure, grazie ad una delle miglior equipe mediche d’Europa, alla forza di volontà del soggetto, e a tante altre pratiche che ha ammesso di aver praticato (come la meditazione ,agopuntura, etc.), in qualche modo è riuscito ad uscirne vincitore. Il documentario attraversa in maniera chiara e approfondita il periodo durante il quale Ulay e Marina Abramovich hanno reso la performance art una forma d’arte durante i loro pellegrinaggi tra la Germania, l’Olanda ed il resto del mondo.

Tra un presente in bilico tra la vita e la morte ed un passato ormai leggendario il documentario è anche un ottimo manuale introduttivo ad un mondo complesso e prettamente teorico come quello dell’arte contemporaneo, riuscendo a fonderne, attraverso materiale d’archivio, la pratica.

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=iAIfLnQ26JY[/youtube]

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