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Lantlôs – Melting Sun

2014 - Prophecy
post-rock/shoegaze/metal

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Tracklist

1. Azure Chimes
2. Cherry Quartz
3. Aquamarine Towers
4. Jade Fields
5. Oneironaut
6. Golden Min

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È inevitabile che col passare degli anni si cambi, lo sappiamo tutti, una realtà della vita a cui bisogna forzatamente rassegnarsi. Si potrebbe, però, altrettanto dire che tutto cambia affinché niente cambi e per quel che riguarda i Lantlôs, direi che la verità siede perfettamente nel mezzo.

I due lavori precedenti erano stati fin troppo, per il sottoscritto, caratterizzati dalla collaborazione con Neige degli Alcest alla voce e da un certo andazzo black metal/post con tendenze pro/aggressive. Melting Sun cambia le carte in tavola.
Adesso i Lantlôs sono una vera e propria band, power trio chitarra-basso-batteria, la collaborazione con Stephan Paut interrotta a favore dell’ascesa del factotum Markus Siegenhort a effettivo frontman.
E qui ritorniamo al discorso con cui ho introdotto la recensione, ché ironicamente il nuovo lavoro avvicina molto più che in passato la band agli Alcest, specie a quelli più recenti, considerando la presenza di chiare influenze shoegaze qui e lì.
Dove però il superfluo Shelter del francesino si andava a schiantare su di una sovrabbondanza di melodie angeliche e vocalizzi zuccherosi da far venire il diabete istantaneo, Melting Sun è più claustrofobico e attraversato da vene d’ira malnascosta, anche grazie a una produzione ampia ma dai toni soffocanti.
Pezzi come Aquamarine Towers e Jade Fields (nomi che suonano come livelli di Donkey Kong Country) rombeggiano e rulleggiano a mò di temporali all’orizzonte, alternando jazz e sludge agli immancabili arpeggi melodici, spolverando delicatamente il tutto con la voce sparsa di Markus, che sembra derivata da un eccessivo ascolto degli Slowdive, ma che non stona.
Probabilmente il miglior momento dell’album se lo giocano subito in apertura con Azure Chimes, emotivamente carica e disperatamente distaccata; il resto scorre via senza lasciare gran traccia, seguendo una impronta musicale claustrofobica e melodica talmente ferma da confondere un pezzo con l’ altro. Unica e sola eccezione l’immancabile momento più quieto in chiusura, Golden Mind, che svolge il suo bel lavoro di lasciarci in dolcezza.

Melting Sun, per quanto lo aspettassi con trepidazione dopo aver ascoltato una breve anteprima, non riesce a convincere come strada definitiva per Markus e soci. E’ un tentativo interessante e imperfetto di cambiare modo di fare musica, troncando nettamente col passato della band e con la presenza sempre più ingombrante di Paut. Auguri per il futuro, per ora non c’è altro da dire.

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=mFJSM3kvBQ4[/youtube]

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