Se ne dicono tante sui Mastodon. Quella che mi viene in mente appena qualcuno cita il gruppo è che dal vivo facciano alquanto pena; sai com’è, non essendo ‘sti gran cantanti non riescono facilmente a coordinarsi mentre suonano, così spesso pezzi come Oblivion diventano alquanto penosi. Questo era anni fa quando l’ho visti, però, magari son tremendamente migliorati e il fan di turno già vorrebbe infilarmi le dita negli occhi, ma non siamo qui per discuterne i meriti dal vivo, bensì quelli da studio.
Di nuovo intorno al sole vanno i nostri, aprendo con una Tread Lightly che ha tutti i marchi di fabbrica che vi aspettereste da un loro album del 2014: riff concentrati, discreta perfomance vocale, un assolo breve e minimamente ispirato e gli inconfondibili ritmi semi-prog di Brann Dailor.
E’ proprio il batterista a cantare sulla discreta The Motherload, confermandosi il mio vocalista preferito del gruppo (eh lo so, c’ho gusti strani), capace di entrarti subito nell’orecchio e non uscirne più come il peggior vermetto, sicuramente più del singolo High Road. Chimes at Midnight, invece, riesce davvero a spaccare le ossa, avanzando sicura mentre Sanders dipinge uno scenario apocalittico e strilla “into the void I go” come se non ci fosse un domani, anche se ci sarebbe piaciuto sentire molti più urli furiosi di Hinds.
Immagino nessuno si stupirà se dico che Ember City è un pezzo della madonna, al di là del buon Dailor che si chiede “What do I say to you?” c’è un assolo da corde fuse che vi regalerà diversi orgasmi gratuiti.
Liricamente, i Mastodon girano con un sorrisetto divertito intorno all’argomento “morte”, trasformandolo nel ben più seducente “cosa faresti se questo fosse l’ultimo anno della tua esistenza?” e dunque, niente di particolarmente nuovo né originale.
L’impressione, se non fosse già chiaro, è che il gruppo di Atlanta abbia ormai costruito un certo sound e un songwriting piuttosto fermo. Su Once More ‘Round the Sun i quattro continuano il discorso aperto con The Hunter, con minimi aggiustamenti, qualche scelta incomprensibile (i cori che chiudono Aunt Lisa chi l’ha decisi?) e tutto il resto fisso nel tempo. Si son chiaramente messi in testa di voler piacere sia al metallaro di turno che al rockettaro che pensa che i Foo Fighters siano l’unica band decente rimasta. Personalmente la trovo una strada che riserverà solo delusioni per chi li apprezzava ai tempi di Leviathan, ma pazienza.
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