L’elettrica band pisana è tornata. Con un arsenale di undici bombe. Una guerra fatta con note e strumenti musicali. Il progressive letale dei Tool mischiato con la cattiveria stoner dei Melvins, un po’ di buon sano noise e spruzzi post-rock.
Ben amalgamato e versatile, il disco passa dal martellante ed acido “racconto” grunge di “Il mio corpo fantastico” all’eclettico “Scolopendre”, brano rigorosamente strumentale in cui la voce lascia pieno spazio ad uno spumeggiante e metallico art-rock, dalle misteriose sonorità orientaleggianti di “Radici” all’introspezione a tratti più distesa a tratti più aggressiva di “Usi e costumi”, traccia aperta da un virtuoso ed esplosivo assolo di batteria. Toni velenosi, dissacratori, sarcasticamente pungenti dall’inizio fino alla fine, senza momenti di tregua o di calma anche solo apparente. I Miriam Mellerin non si fermano mai, implacabili, con i loro suoni sporchi e decisi. Particolarmente degni di nota la rabbia un po’ poetica e senza pietà di “Notte”, la tranquillità illusoria, lo scoppio ritardato, i continui cambi di direzione di “Delfini” e le impetuose e colleriche trasformazioni di “Blob”, degna conclusione di un lavoro del genere.
Un bella seconda prova più matura e sempre molto agguerrita per l’arrabbiato trio toscano. Un disco forte, una scarica determinata a mettere sottosopra il panorama underground italiano.
“Mi piace l’odore del napalm al mattino.”
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