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This Will Destroy You – Another Language

2014 - Suicide Squeeze
post-rock

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Tracklist

1. New Topia
2. Dustism
?3. Serpent Mound
?4. War Prayer
?5. The Puritan
?6. Mother Opiate
?7. Invitation
?8. Memory Loss
?9. God's Teeth

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Buone notizie per gli amanti del genere: ritornano i This Will Destroy You, a distanza di 3 anni dall’ultimo lavoro, Tunnel Blanket, con un album che sicuramente arriverà ben presto sulla bocca di critici e non.

“Another Language” è il titolo dell’ultima perla della band, un titolo criptico che può essere interpretato come ode alla lingua con cui loro stessi scrivono le storie che vanno a comporre i loro ristretti ma infiniti album.
La musica è la loro lingua, il post rock il loro dialetto. È un’altra lingua, è un altro modo di vedere le cose, è la lente sfocata attraverso cui fanno risuonare la loro musica.
Già dalle prime fasi dell’album, si possono analizzare segnali di cambiamento, sebbene il contenuto sintattico e strutturale dei loro brani rimanga sempre lo stesso: i quattro, infatti, cercano di appoggiarsi velatamente, alle loro vecchie fatiche, partendo dall’atmosfera cristallina e aperta di Young Mountain, passando per l’omonimo album del 2007, per poi arrivare alle arie tutt’altro che semplici e gioiose di Tunnel Blanket.
L’album è pervaso da un’atmosfera cupa, nuvolosa: quintali di riverbero, fiumi di delay e pad impalpabili supportano la causa.
“New Topia”, primo brano di Another Language, è anche il primo esempio di come la band abbia trovato il giusto compromesso tra vecchio e nuovo, tra sperimentazione e calchi.
In “Dustism”, (primo singolo uscito) tornano rampanti le chitarre e l’enfasi smorzata di This Will Destroy You EP, accompagnate da un delizioso effetto delay sul rullante che diventa quasi rampa di lancio e spedisce il pezzo sulla Luna.
Difficile riuscire a carpire dove finisca un brano e dove ne inizi un altro: l’ascolto fila liscio e leggero per tutta la durata dell’album. Ci si sente cullati, accarezzati da acque ormai tranquille, ma plagiate da violente tempeste.
“The Puritan” è una piuma, che completa, troppo velocemente, nella sua estrema lentezza, la sua caduta nel vuoto. In realtà tutto “Another Language” è una caduta nel vuoto, è una discesa in cui si riesce senza troppi sforzi a perdere la cognizione del tempo.
Solo la batteria veemente di “Invitation” riesce a cogliere di sorpresa l’ascoltatore, in questa finta e atemporale immersione ad occhi semi socchiusi.
“Another Language” è astrazione mentale: “Memory Loss” riporta alla quiete originaria ciò che era stato messo in disordine dalla precedente “Invitation”. Le acque si calmano, si chiudono gli occhi.
Il viaggio si conclude con “God’s Teeth”: climi rilassati, lidi sonori gradevolmente intorpiditi. Un pitch di pad e un arpeggio che ricorda un po’ quello di “Leather Wings”, fino al capolinea, fino al noise finale, che lascia l’ascoltatore a metà tra quiete e caos.

Un album, sebbene ricco di richiami ai precedenti lavori, non paragonabile con questi sotto il punto di vista delle scelte e delle sonorità.
Un album sicuramente più ambient, forse leggermente più vicino ad artisti come Hammock e simili, che ai vecchi This Will Destroy You.
Non un capolavoro che gli amanti del genere ricorderanno come pietra miliare del post rock, ma sicuramente un album che finirà nella collezione di parecchi.

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=PgMWvuahjvc[/youtube]

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