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Gian Luca Mondo – Petali

2014 - Contro Records
songwriting

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Tracklist

1. Il dilemma del Porcospino
2. Crapshooter
3. Rivelazioni
4. Istruzioni per Lipe
5. Petali
6. Valentina blues (per Carr)
7. Nebbia fra gli scacchi
8. Lo sbocciare della magnolia
9. Dimenticare gli angeli
10. Il punto del cinghiale (per Skip James)
11. Labbra
12. Io, te, lei, lui

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Pensa alla parola “petali”. Cosa ti viene in mente? Di certo qualcosa di delicato, leggero, dai colori tenui o meravigliosamente vivaci; magari accostato all’immagine di un fiore, simbolo della gioia di vivere e infondo della vita stessa. Ecco, ora dimentica tutto ciò, perché i petali in questione sono invece neri come il catrame, pesanti come gocce di piombo e pungenti come foglie di carciofo. Le canzoni di Gian Luca Mondo sono petali di un fiore che non c’è mai stato, figlie di un padre malevolo, specchi dell’imperfezione del mondo. Sono creature deformi, sudice e mal nutrite, di quelle che fanno paura ai bambini e intimidiscono gli adulti. Sono fatte di chitarre ruvide appartenenti a tempi lontani, di gran casse che tuonano come se dovesse cadere il cielo e di una voce, quella del cantautore torinese, che appare carica del peso di mille anime dannate.

Alcune canzoni sono pura narrazione di monologhi introspettivi, come succede in “Crapshooter” e nella disarmante title-track; altre si avvicinano invece (qualcuna più qualcuna meno) ad un cantautorato più tradizionale o risultano comunque più melodicamente pensate. Le suggestioni musicali passano velocemente dal folk al bluse a momenti maggiormente contemporanei se non addirittura sperimentali ed è possibile sentire vaghi rimandi a cantautori italiani vecchi e nuovi (da Paolo Conte a Capovilla, da De Gregori a Capossela) e un po’ di suoni presi in prestito dall’America degli anni ’50 e ’60. A prevalere sembra comunque essere la ricerca di uno stile personale, che seppur variegato e un po’ spaesante al primo ascolto, diventa più solido e riconoscibile approfondendo la conoscenza.
Ci sono canzoni pesanti come macigni, portatrici di angosce profonde (come le due citate all’inizio), altre velate di una malinconia più tollerabile e piacevole (come la raffinatissima “Lo sbocciare della magnolia” o la canzone-testamento “Istruzioni per Lipe” ) fino ad arrivare a brani decisamente più vivaci, ma sempre appesantiti di un ironia nera e malconcia (“Rivelazioni” o “Valentina blues”). Allo stesso modo cambia velocemente il timbro vocale, che risulta, a seconda del mood, più tenebroso, cupo e baritonale o più acuto e graffiato.
Ci sono tante parole in questo disco: parole disarmate e disarmanti, pungenti e malinconicamente dolci, traumatiche e traumatizzate, forti e deboli, autodistruttive ma anche portatrici di una flebile speranza. Parole umane insomma, diverse le une dalle altre come gli esseri umani e come del resto i petali di un fiore. Ed è proprio l’umanità che contraddistingue questo lavoro che è prima di tutto viscerale e genuino, realizzato di pancia dall’inizio alla fine, mai scontato o costruito a tavolino.

Che la genuinità sia poi al contempo anche il suo punto debole è cosa facilmente perdonabile: non saranno un paio di passaggi poco ricercati o frasi che scivolano di colpo da un registro poetico ad uno eccessivamente colloquiale a far bocciare un disco che è bello proprio perché è costruito più con il cuore che con il cervello.

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=8hTshyUV5ns[/youtube]

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