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Earth – Primitive And Deadly

2014 - Southern Lord
doom/psych/drone

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Tracklist

1.Torn by the Fox of the Crescent Moon
2.There Is a Serpent Coming
3.From the Zodiacal Light
4.Even Hell Has Its Heroes
5.Rooks Across the Gate
6.Badgers Bane

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Nella sua “ora d’aria” Dylan Carlson decide di respirare. E con lui la sua creatura asfissiante e necrofora che porta il nome di Earth. È un respiro ampio e colmo di melodiche allucinazioni dell’essere quel sé che porta dentro un peso plumbeo che marchia a vita. Marchio che si riverbera su noi che ascoltiamo. La polvere ha intriso i solchi degli album sin dagli esordi e l’oscurità ha inciso ogni singola traccia fino all’osso dell’essenza.

La crisalide che si schiude con “Primitive And Deadly” è un bozzolo fatto di cristallo multicolore e ciò che ne esce è un essere che dispiega ali e prende in prestito la voce di Seattle. Anzi le voci. Tra le spire dell’apocalisse caleidoscopica del disco trovano la tana due animali vocali di rara, o unica, bellezza: Mark Lanegan e Rose Shaheen Qazi. Sono loro a colorare due dei quadri esposti nella Cappella Sistina del drone. Anche se in questo album il drone è solo lo sfondo di ciò che viene dipinto nell’insieme.
Così, le catene montuose che si stagliano nei droni mortiferi della opener “Torn By The Fox Of The Crescent Moon” sono un tocco di pennello leggiadro e dai toni grigi, un solo riff che intarsia il cuore e rende l’arrivo del colore blue su “There Is A Serpent Coming” un’apertura a tre lune rosso cremisi (colore dei vinili, macchiati di argento) attaccata dal serpente Lanegan che abbandona il canto di morte per segnare di pop il truce avanzare di sintomi che nel rock trovano l’origine più recondita e oscura del sé. Una venatura pop acuita dalla cantante dei Rose Windows su “From The Zodiacal Light”, overture da un intero lato adatta ad un matrimonio tra ombre.
Lo splendore delle chitarre di Brett Netson dei Built To Spill e di Jodie Cox dei Narrows riluce nella sua pienezza in “Even Hell Has Its Heroes”, monolite desertico stoner rock che potrebbe abbracciare l’intera Monument Valley, manco fosse un campo lunghissimo di John Ford. Anche quando l’incedere diventa funebre il sintomo armonioso di questa nuova identità si fa sentire a piena voce, nulla è lasciato cadere nel pozzo senza essere prima ammantato di bellezza, ed è così che Mark Lanegan torna a vibrare su “Rooks Across The Gate”. Il cerchio si chiude con un ponte verso Hex nella mortale “Badgers Bane”, come a dire “il funerale non può finire col sorriso”.

Ed è così che nell’ora d’aria Carlson crea il suo album più bello.

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=71nROr1yLgI[/youtube]

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