Quando li vidi qualche anno fa all’Ok Fest rimasi sbaccalito. Giovani, furiosi, originali. Cazzo vuoi di più da una band nuova nuova? Mi sembrava di rivedere noi (in quanto a mia band ormai finita) mentre ancora c’era qualcosa. E mi piaceva. Loro sono i Flying Disk e non solo ci sono ancora ma escono con il loro primo dischetto “Circling Further Down”. E dentro ci trovi tutto quel che t’aspetti dal nuovo nuovo: irruenza, scazzo esistenziale e ingenuità. Anche quella è un fattore importante.
I pezzi filano come treni ma alcune volte saltellano, ma è il bello dell’inizio, quando le influenze s’insinuano e tu le batti in faccia con il tuo. Così alle sberle si aggiunge qualcos’altro, prendi ad esempio il ritornello in vena melodica Helmetiana di “No Dead In My Lawn”, da spunto e aria, c’è anche il bastone hc e si palesa in “Recycled Plastic” e riveste lo scazzo esistenziale di cui sopra. Magari non fila tutto liscissimo, ma siamo solo al primo di molti (si spera) e così arriva il mutante noise-rock di “I Don’t Feel Anything” infilzato da un basso enorme che più enorme non si può.
Forse “Disconnect” tende un po’ a lidi ancora difficili da rendere reali ma fanno capire quanto il math possa influenzare questo giovine trio e mischiarsi a qualcosa di deftoniano. Molto interessante invece “Three As Seven”, forse il pezzo forte di tutto il lavoro, storto arrembaggio e sberla quadrata e anche la stronzissima “Martha’s Shoes” fa la sua sporchissima figura con Mariano Somà dei Septycal Gorge sugli scudi a digrignare i denti e sfondar l’ugola.
Come detto poco sopra magari non tutto fila liscissimo ma quando lo fa spettina. La strada è pronta, bisogna solo continuare.
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