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Carmen Consoli – L’Abitudine Di Tornare

2015 - Universal
folk / pop / songwriting

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Tracklist

1. L'abitudine di tornare
2. Ottobre
3. Esercito silente
4. Sintonia imperfetta
5. La signora del quinto piano
6. Oceani deserti
7. E forse un giorno
8. San Valentino
9. La notte più lunga
10. Questa piccola magia

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Carmen è tornata e tutti parlano dei suoi cinque anni di silenzio come di un atto di autolesionismo artistico, come se avesse rischiato l’estinzione. Cos’altro si può pensare d’altronde dal basso del fast food musicale in cui viviamo? Carmen è tornata ed è una cosa bellissima; nel mio caso è come quando sei adolescente e lo Zio figo e simpatico si trasferisce in Canada, poi all’improvviso torna con uno spumante in mano e a cena non vedi l’ora di sentire cos’ha da raccontare. Ecco, Carmen è la mia Zia figa.

L’Abitudine di Tornare comincia con la canzone omonima, nonchè singolo che ha accompagnato l’uscita del disco ed è un piacere avere subito conferma che è tutto ancora li: la sua calda e al contempo spezzata voce, la sua eleganza unica e il suo inestinguibile desiderio di raccontare storie. Lo storytelling è in effetti piuttosto centrale in questo suo ottavo lavoro e lo si nota fin da subito, con l’appena citata title track, in cui la cantantautrice si immerge nel personaggio di una donna rassegnata al suo claustrofobico ruolo di amante. Sulla stessa scia troviamo “Sintonia imperfetta”, racconto di un’amore che di amore ormai non ha più nulla e “La signora del quinto piano”, in cui il tema del femminicidio viene affrontato con sapiente ironia in scenette di cronaca condominiale in cui la questura, pur di fronte all’evidenzia di un possibile assassinio, non fa altro che ripetere che non c’è niene di cui preoccuparsi. Più drammatica e intimista risulta la bellissima “Ottobre”, in cui la crudezza di un amore omosessuale da dover nascondere si scontra con le poetiche visioni naturalistiche di un Italia campagnola degli anni ’50. Il dramma è fortemente presente anche nella successiva “Esercito silente”, dove la protagonista è la Sicilia e il suo malavitoso cancro, in un invito a piangere e a indignarci insieme di una terra tanto bella quanto martoriata.
Doveroso citare la partecipazione dei fratelli Gazzè alla scrittura della malinconica “Oceani deserti”, anticamera di una seconda metà del disco più lenta e forse meno accattivanete della prima, seppur impreziosita della presenza di una canzone come “E forse un giorno”, in cui ci viene narrata con grande empatia la disgrazia di una famiglia devastata dalla crisi economica.

Distaccatasi dalle sonorità folk di “Elettra”, la cantautrice catanese vira verso un parziale ritorno alle origini, con un pop rock che in qualche caso si tinge anche di gradevoli elementi elettronici. Certo è che ogni brandello di quella ruvidità anni ’90 che contraddistinse i primi lavori dell’artista è che giunse forse fino a “L’Eccezione” è totalmente scomparso, lasciando il posto a sonorità più dolci e a una Carmen dai toni più pacati. Non che questo sia sintomo di una qualche deposizione delle armi, anzi, i suoi artigli sono ancora tutti lì e sono sempre affilati e pronti a ferire un’Italia indifferente e ben pensante; la differenza sta nella maturità, quella che ti fa capire che alzare la voce e far casino non è necessario, l’importante è invece dire sempre le cose come stanno, senza avere paura. Carmen di paura non ne ha mai avuta ed è per questo che ci piace così tanto.

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