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SPAIN – Sala Vanni, Firenze, 15 febbraio 2015

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È stata una benedizione quando una delle tante mail che affollano la casella di posta elettronica di un musicofilo come tanti riportava a pochi giorni dall’evento l’annuncio del concerto degli Spain – una delle band più sottovalutate del sottobosco della musica alternativa tutta – alla Sala Vanni – in un salone affrescato che si apre nel cortile seicentesco del convento di Santa Maria del Carmine. È un incontro perfetto quello tra la band capitanata da Josh Haden, figlio d’arte (suo padre è il celebre contrabbassista Charlie Haden) e una sala concerti così insolita per una band che, tutto sommato, fa musica rock. Si, perché se la band americana suona uno slowcore ibrido che ricorda band accostate generalmente ad altri generi musicali quali American Music Club, Lambchop, Smog, recupera un’estetica tipicamente jazz ed è influenzata da un afflato spirituale, la sala fiorentina è il luogo migliore per conferire un’aura di sacralità al ritorno di una band di culto che ha centellinato negli anni uscite, concerti e interviste.

Le premesse, come le attese, sono dunque delle migliori. Gli Spain si presentano in trio (basso e voce, chitarra e batteria). E l’incipit coglie nel segno: le atmosfere licenziose di “Love At First Sight”, classico navigato dal basso noir di Haden e chiuso in crescendo con le distorsioni chitarristiche di Daniel Brummel. In questo pezzo c’è tutta l’estetica degli Spain: un cocktail elegante che ha come ingredienti principali blues e soul, irrorati da venature jazzy e con la forza d’attrito di isolati scatti di psichedelia dolcemente indolente. La sala, che non registra il tutto esaurito ma una audience decisamente “calda”, inizia quell’opera di plauso che dopo quasi due ore di concerto e due bis assomiglierà al cosiddetto spellarsi le mani.
Passano poi in rassegna tutto il meglio del loro repertorio, un abbecedario illustrato sulle varie fasi dell’amore romantico, fatta eccezioni di due momenti più deboli, non tanto nella loro riproposizione live quanto nella consistenza stessa dei brani (“From The Dust” e “Miracle Man”) che si discosta dall’estetica precedentemente descritta e virano senza approdo in direzioni musicale alla band non consone. Ma l’esecuzione è sempre così equilibrata, raffinata e, quando serve, energica, che gli si perdonerebbe persino una stonatura, che naturalmente non arriva. Arrivano invece sorrisi compiaciuti di una band decisamente a suo agio e in salute; sorprende in questo senso la tenuta vocale di Haden, inalterata rispetto al loro capolavoro The Blue Moods Of Spain, ampiamente riproposto.
Ed è purissimo incanto con l’ipnotica “Ten Nights” che narcotizza la platea con le sue blande e ispirate ripetizioni di timbro e tono, la remissiva “Everytime I Try” che composero appositamente per il film di Wim Wenders End Of Violence, la strabiliante reminescenza offerta a la Lou Reed di Magic And Loss in “Ray Of Light” e infine i piccoli e grandi classici della loro discografia come quello che da molti viene considerato il loro miglior brano, “Unttitled #1”, poi “Spiritual” di cui Johnny Cash registrò una stupenda cover e la conclusiva “Word Of Blue” che racchiude la loro poetica e si discosta dalla versione in studio per un diverso epilogo nella lunga coda strumentale, non più spettrale e disturbante, ma quasi distensiva nella riuscita e finale deflagrazione elettrica dell’epica romantica della band.

Finisce con Haden che firma autografi al banco dei dischi, composto, elegante e raffinato in ogni suo gesto come sul palco, mentre il chitarrista Daniel Brummel fuma poco fuori una gran sigaretta scherzando lievemente con fan di ogni epoca, leggermente sbracato e visibilmente lieto dell’esito della loro setlist, che intanto viene predata sul palco. È tutto il suo corpo a sorridere esausto, , appoggiato stanco ma disinvolto al muro esterno della sala, svuotato di un topos di cui a volte ci si può dimenticare la forza, un’epifania del sentimento con cui il pubblico di stasera torna a casa, amplificato dalla notte che si stende come un presagio su Firenze.

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