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Digitonal – Beautiful Broken

2015 - Just Music
elettronica

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Tracklist

1.Proverb
2.We Three
3.Autumn Round
4.Beltane
5.Anaethmatics
6.It Doesn't Matter
7.Luna
8.Polestar
9.Eighteen

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Ma vi sembra normale che a registrare il (fin qui) migliore disco del 2015 debba essere un ingegnere informatico? In realtà parlare di Andrew Dobson, mente e braccio del progetto Digitonal, come un semplice ingegnere informatico è assolutamente riduttivo, perché a guidare le sorti di questo magnifico “Beautiful Broken” è la sua capacità di creare musica e di dare un senso quasi nuovo a tutto il movimento che saltella tra l’ambient e la neo-classical. Dobson è prima un tecnico elettronico, poi un creativo e solo infine un eccelso clarinettista inglese, che si divide tra passione e lavoro interpretando la sua grande passione per la musica proprio come un lavoro.

Ecco che così escono fuori i “Beautiful Broken” con le palle quadrate tridimensionali. Nove tracce una più bella dell’altra per comunicare con la nostra dimensione, perché da dove viene Dobson o Digitonal, chiamatelo come vi pare, c’è un solo modo per mettersi in contatto con l’altra parte noiosa di questo mondo, noi, attraverso la sua musica. Certo, direte voi, che palle! Non è che perché ora uno è bravo con il clarinetto c’è da essere entusiasti come quando apriamo l’uovo a pasqua. No. Però nemmeno c’è da vergognarsi nel lodare grandi affreschi come la, inizialmente, sommessa “Proverb” e la dolce nenia di “Autumn Round”, che vi trasporta lontanissimo da questi giorni appiccicosi, proprio verso quella fantastica sensazione dei primi giorni di ottobre, quando, non sapendo dove sbattere la testa vi lasciate andare a lunghi momenti di riflessione diurna. Già vi piace, eh? Eh, si. Ma l’ascolto è altra cosa. Provate a scendere o a salire (a voi la scelta dell’inclinazione) fino a “Luna”, un brano che porta con se una gestazione decennale, così come spiegato da Dobson, che ne ha raffinato i contorni trasformandone ed ingigantendone la sua caratteristica tensione. Possibile che una piccola parentesi di poco meno di quattro minuti possa risultare così “piena”? Beh si. È tutto lì, nel gioco tra piano e violoncello, con una fantastica spruzzata di violino e clarinetto, un monumento finito. Di solito questo tipo di materiali hanno bisogno di spazio più ampio per trovare compiutezza, ma nel caso di “Beautiful Broken” questa necessità si trasforma in un optional e trova risposta solo nei fantasiosi otto minuti di “Eighteen” lungo la quale ritmo ed un particolare gioco tra percussioni e synth giocano a favore dell’ascoltatore che, sono sicuro, neanche per un istante si lascerà vincere dalla noia nell’ascolto.

Decenni di rock becero e di disco music da provinciale non mi hanno insegnato un cazzo. Io sono ancora qui a meravigliarmi per questi piccolissimi oggetti di culto che nessuno vede e nessuno nomina. Una volta nella vita azzeccate un regalo, un acquisto, una dedica, prendete questi quarantacinque minuti di intuizioni felici e fatene buon uso.

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