I Laurex Pallas, al terzo disco, con l’usuale riferimento al mondo del ciclismo nel titolo, con l’abituale voglia di mescolare umorismo e temi importanti.
Un alternarsi di ritmi e stili, musicali e di pensiero, aiutato dalle collaborazioni varie e svariate che caratterizzano l’album; una base che si potrebbe definire pop per l’orecchiabilità, folk per certi ritmi, cantautorale per i testi (e per l’importanza che vi si conferisce). Davvero difficili da inquadrare, eclettici ed estrosi.
Ampio spazio per le due voci, che si alternano senza rubarsi gli spazi, si sovrappongono per aiutarsi, si esaltano in primo piano nei momenti giusti. Chitarre e basso che suggeriscono lo stile e la batteria che ne suggella i ritmi, pianoforte che non manca mai di far sentire la sua, ovviamente, fondamentale presenza. In più si aggiungono cori, fiati, violoncello, percussioni, giocattoli e un’infinità di altri suoni, mescolati con sapienza per ottenere un risultato pieno, equilibrato, al quale non si saprebbe davvero cosa aggiungere.
Dodici pezzi aperti da Beni Rifugio con una lucida analisi (e critica) della superficialità umana, con Magari Fosse Vero che pone la sua genialità nel rilancio di una buona lista di famose leggende mai verificate (con qualche chicca), e con Il Teorema dei Post-It e il suo narrato che sfocia in post-rock. Servirebbe il tempo per descriverli tutti ma sarebbe una velleità imperdonabile, l’unico modo per cogliere a pieno la grande qualità di una lavoro del genere è ascoltarlo con attenzione, più di una volta.
Una splendida commistione di leggerezza orecchiabile e capacità di pensiero profonda, che si sbilancia dall’una o dall’altra parte al bisogno, qualcosa che dovrebbe essere preso a riferimento da svariati gruppi italiani per la sua ponderatissima agilità.