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SIlversun Pickups – Better Nature

2015 - New Machine Records
rock / indie

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Tracklist

1. Cradle (Better Nature)
2. Connection
3. Pins & Needles
4. Friendly Fires
5. Nightlight
6. Circadian Rhythm (Last Dance)
7. Tapedeck
8. Latchkey Kids
9. Ragamuffin
10. The Wild Kind

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Chi ha seguito la carriera dei Silversun Pickups non penso si stupirà più di tanto ad ascoltare il nuovo lavoro e a scoprire della direzione nettamente più poppeggiante di Brian, Nikki e soci.

Better Nature sostanzialmente riprende il discorso elettronico iniziato con il loro ultimo singolo Cannibal, portandolo in direzione ben più orecchiabile e pronta a fare cassa.
Quel che potrebbe definirsi vera novità del disco, invece, è la maggiore presenza proprio della bassista in ruolo di seconda cantante, precedentemente relegata a mera presenza sui coretti e poco più.
Mai avrei pensato di dirlo riguardo il gruppo di Los Angeles, ma durante l’iniziale Cradle (Better Nature) il riferimento mi è sembrato essere Die Young di Kesha. Sì, sarà  una blasfemia, ma ammetterò pubblicamente che a me quel singolo non è mai dispiaciuto e sentire loro che provano a fare qualsiasi di simile, mi esalta non poco.
Connection ci va giù pesante col danzereccio, non mi stupirei di sentirlo remixato in chiave electroclash e pronta da ballare, mentre Brian strilla “this is no connection, it’s only an impression” e la canzone lo trascina fino alla fine.
Peccato, infatti, che la nuova linea commerciale non venga portata ai giusti estremi in tutto l’album, visto che pezzi come la semi-ballata Friendly Fires non sembrano portare alcuna novità al repertorio dei nostri, suonando come un tiepido avanzo di Swoon.
Pins & Needles pure suona abbastanza “indie safe”, mix di chitarre distorte con il loro classico fuzz e coretti vari, ma l’orecchiabilità aiuta alquanto a renderla immediatamente memorabile e uno dei pezzi migliori del lavoro.
I due singoli di fila Nightlight e Circadian Rhythms son entrambi non esattamente originali come sonorità, ma ciascuno col suo piccolo elemento di novità così da farceli andare giù piuttosto allegramente. Il primo se la gioca con sottofondi semi-tribali e un bel ritornello, il secondo con la Nikki in prima fila nella seconda strofa. La bassista se la cava piuttosto bene, la sua sorprendentemente piacevole voce funge da contrasto ideale con il tono lamentoso da eterno adolescente di Brian.
Peccato che l’album sia sostanzialmente finito qua: il resto è piuttosto dimenticabile e al quarto ascolto non avevo minimamente voglia di andare oltre il sesto pezzo.
Tapedeck sarebbe interessante come ulteriore continuazione sulla falsariga pop dei nostri, con un ritmo simil-reggaeton e un andazzo da pezzo sperimentale di Rihanna, ma il testo è abbastanza imbecille e il tutto diventa irritante già a metà, figuriamoci reggerla per sei minuti.
Subito dopo, altri due pezzi di lunghezza eccessiva cominciano a intorbidire troppo le acque. Ragamuffin inizia benino ma doveva finire dopo quattro minuti, invece continua, continua e continua, poteva essere azzeccata per chiudere il disco, se non altro. Invece no, dopo ci aspettano altri sei inutili minuti di The Wild Kind, evvai.

Insomma, Better Nature non sembra pienamente riuscito come esperimento. Non è certamente un album brutto nella discografia dei nostri, ma non è certamente quella mossa risolutiva che sarebbe stato lecito aspettarsi. I Silversun continuano a galleggiare.

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