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Chelsea Wolfe – Abyss

2015 - Sargent House
dark / noise

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Tracklist

1.Carrion Flowers
2.Iron Moon
3.Dragged Out
4.Maw
5.Grey Days
6.After the Fall
7.Crazy Love
8.Simple Death
9.Survive
10.Color of Blood
11.The Abyss

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Sembra essere un disturbo del sonno a muovere le azioni musicali di Chelsea Wolfe. Che sia vero o meno, il risultato è che si sente. E, come in un sempiterno sogno (o incubo), le scene cambiano repentinamente e di continuo, a formare quadri sempre diversi di un solo grande disagio stilistico che culmina (al momento) in “Abyss“,quinto album dell’artista americana.

Se “Apokalypsis” era il lato delicato di questo lunghissimo dormire mentre “Pain Is Beauty” mostrava la parte ancor più oscura di una sfaccettatura gothic da sempre presente nell’immaginario della Wolfe, in questo album troviamo una sorta di disperazione rumorosa, una metallica induzione al risveglio. E non è solo una metafora, perché “Abyss” risulta davvero “metallico” e heavy. Non è dato sapersi quanto ci sia dello zampino di Mike Sullivan dei Russian Circles, ormai stabile nella splendida formazione che segue la cantante losangelina, in questo appesantimento del linguaggio, sta di fatto che la dose di rumore si innalza a livelli notevoli, senza intaccare il poetico essere cantautorale e soavemente triste della Nostra.

Sul cammino nell’abisso troviamo dunque le sferzate industriali da pressa idraulica infernale di “Carrion Flowers”, il sabba post-atomico di “Dragged Out”, la doomescenza di “Iron Moon”, gli afflati di compressione arcigna della strisciante e disperata “Grey Days” e la devastazione soavemente elettronica di “Color Of Blood”. In assoluta contrapposizione, e in maniera perfettamente lineare, all’interno di questo inferno rumoroso convivono le multiple anime della cantante, si fanno così spazio nella tempesta elettrica momenti di calma (illusoria): la bellissima sferzata di “country” luciferino e noise infestato di “Survive” (uno dei momenti più alti del disco), il torpore post-punk di “Maw” o ancora il senso di vertigine nella folkish “Crazy Love”.

Cotanta bellezza e perdizione sono tenute assieme dal tocco magico (non si potrebbe definire altrimenti) dell’ormai sempre presente in cabina di regia John Congleton, produttore essenziale del nuovo suono “altro” della musica. Suono perfetto per l’incubo di Chelsea Wolfe che con questo album raggiunge vette di disagio e bravura ancor maggiori.

 

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