A Piombino vivono Anna e Francesca, due quattordicenni percorse dai sogni di quell’età, con desiderio di fuga e voglia di riscatto per un’esistenza fatta di case popolari e famiglie a lavorare per le grandi acciaierie locali poste a poche centinaia di metri dall’Isola d’Elba, ultimo rifugio di un’esistenza luccicante, fosse anche per poco tempo.
Basato sul romanzo omonimo della scrittrice Biellese Silvia Avallone, in questo caso anche in qualità di co-sceneggiatrice, il film di Mordini, alla sua seconda opera dopo l’esordio del 2005 (Provincia Meccanica) non convince sino in fondo; non riuscendo a percorrere il clima surreale della provincia italiana, fatta di lavoro duro nell’acciaieria e alla fine recitando semplicemente un compito ben fatto, senza sbavature ma risultando alla fine una sorta di episodio di fiction molto più diluita nel tempo, oltre l’ora e mezza, alla quale lo spettatore si può solamente piegare rimanendo invischiato in una trama dove i sentimenti non sono adeguatamente enfatizzati, dove i dubbi adolescenziali sono trattati con fare superficiale, dove un cast di ottimo livello e fama: Popolizio, Riondino e Vittoria Puccini su tutti, non riesce a catturare quel pathos che una narrazione di tale genere avrebbe potuto facilmente smuovere, in un clima surreale di lavoro duro in acciaieria e di dramma esistenziale di chi vede la via di fuga, dell’Isola D’Elba, a pochi metri da casa. troppo poco quindi per catturare quell’attenzione che era riuscito giustamente a smuovere, non privo di critiche, il romanzo di Silvia Avallone.