Trent’anni di carriera ormai superati, trent’anni di successi che hanno consacrato Yo la tengo come una delle band alternative rock più importanti del periodo. Al tempo degli album che si ascoltano in shuffle e dei singoli usa e getta, dimenticati dopo mezz’ora dal primo play, la band di Ira Kaplan sceglie la via dell’album di cover, condite da un paio di pezzi inediti.
Non parliamo però di un album di cover di canzoni di Natale, né di rifacimenti di brani super-famosi e abusati. L’unica deroga è concessa per Friday i’m in love, storico successo dei Cure. I ritmi si abbassano e tutto diviene più intimo e folk, girando intorno alla pacata voce di Georgia Hubley e alle corde di McNew, Kaplan e del ritrovato Dave Schramm.
L’impronta data a questo brano rispecchia quella dell’intero lavoro: brani “scaricati” rispetto alla loro foggia originaria, portati ad un livello mediano e inseriti in una dimensione placida anche se, a tratti, ripetitiva.
In Stuff like that there respirano i grandi pionieri della canzone Americana quali Darlene McCrea (My heart’s not in it), Hank Williams (I’m so lonesome I could cry), i conterranei Parliament (I can feel the ice melting), Antietam (Naples). Ai più, gran parte di questi nomi non diranno nulla ma nell’immaginario di Yo la tengo rappresentano uno spaccato del vasto mondo artistico della band, quasi a voler rivendicare un’identità che ha contrassegnato una lunghissima carriera e un sound riconoscibile anche in un album di questo tipo. La dolcissima Awhileaway e la toccante Rickety riempiono quei rari spazi di monotonia creati dalle cover con un cantato viscerale e profondissimo.
La band riprende il discorso già intrapreso nel 1990 con Fakebook, in cui maggior spazio era lasciato alle reinterpretazioni dei brani originali, attualizzandolo e livellandolo su un piano più intimo e originale.
Dal 1986, i ragazzi di Hoboken sono ancora in sella alla tigre, sempre carichi e raffinati, solo più maturi. Stuff like that there rappresenta una milestone significativa all’interno di questa storica galoppata, una dolce transizione da godere placidamente rilassati.