Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

Duran Duran – Paper Gods

2015 - Warner Bros
pop

Ascolta

Acquista

Tracklist

1. Paper Gods (feat. Mr. Hudson)
2. Last Night in the City (feat. Kiesza)
3. You Kill Me With Silence
4. Pressure Off (feat. Janelle Monáe and Nile Rodgers)
5. Face For Today
6. Danceophobia
7. What Are The Chances?
8. Sunset Garage
9. Change the Skyline (feat. Jonas Bjerre)
10. Butterfly Girl
11. Only in Dreams
12. The Universe Alone

Web

Sito Ufficiale
Facebook

Non penso di aver mai, veramente, disprezzato i Duran Duran. Anzi, qualche volta credo di averli anche piacevolmente ascoltati. Volendo fare un paragone con i tempi odierni, possiamo posizionare i Duran Duran al livello delle boyband di oggi, quelle che non hanno un briciolo di cervello e che fanno palate di soldi solo perché diventano un prodotto commerciale e commerciabile.

Ma scrivere in questo modo mi fa sentire a disagio. Perché chi usa questo linguaggio ha, in genere, tutt’altro tipo di problemi rispetto a coloro che cerca di definire attraverso suddetto linguaggio. O è un metallaro che ha rinunciato a tutto il resto per adorare i feticci metal degli anni ’80 e i subdoli progetti grunge degli anni ’90, o è una sorta di ibrido tra un granuloma testicolare e un hipster.

Paper Gods dei Duran Duran, per intenderci, è immondizia. È il classico disco del deluso dal mondo della musica che auspica un ritorno alle “basi”, alle “fondamenta” del genere, per rinverdire fasti ormai consunti. Non deve per forza sembrare una mera operazione economica, perché alle volte è legittimo anche scommettere sul classico “basso profilo”. Sulla possibilità del ritorno disinteressato e anche impegnato. Ma questo è materiale per psicologi, quello che qui interessa è dire la verità sulla superficialità della nostra comunità, oggi. Non è il caso di far sentire colpevoli di qualcosa i Duran Duran, ma se una band arriva ai trenta e passa anni di carriera e propone materiale come quello contenuto in Paper Gods allora anche il paradigma dell’esperienza, della maturità in musica va a farsi fottere. Nile Rodgers, John Frusciante, Jonas Bjerre, Gesù Cristo. Nemmeno l’intervento del creatore stesso potrebbe rimettere in carreggiata le sorti del disco, che inizia nel modo più ovvio: due brani che si sviluppano sulla stessa identica base. La titletrack, “Paper Gods”, e “Last Night In The City” sembrano uscite per sbaglio dallo stesso file. Un duplicato scappato dallo studio di registrazione che deve essere uscito fuori nello stesso momento di sfigata mancanza di lucidità che ha prodotto la copertina del disco. La favola dei Duran Duran riguardo il ritorno dopo circa cinque anni da “All You Need Is Now”, si esaurisce così, nella vacuità dei ritmi, delle pose, dei synth. Quanto è distante la prima metà degli anni ’80? Quanto è vacuo il ricordo di “The Wedding Album”, dei primi ’90 (forse il lavoro più impegnato della band)? Sembrano passati secoli da tutto quanto. In linea di massima non deve essere nemmeno semplice. Anche la peggio immondizia uscita fuori dai vari movimenti new wave/pop/synth degli anni ’80 è meglio di tutti i Grammy Awards consegnati nell’ultimo ventennio. Provateci voi. Provate ad andare oltre “Unknown Pleasures” dei Joy Division, o “The Sky’s Gone Out” dei Bauhaus. Anche un nastro rovinato di “Quartet” degli Ultravox sembrerebbe più avvincente di “Paper Gods”.

Ma allora quale lezione è sfuggita al gruppo di Simon LeBon? È un peccato originale, forse, voler continuare a scrivere una storia che ha ormai esaurito anche tutti gli spazi per postille? Perché se è per questo allora i supergruppi rimasti in piedi per decenni e sfuggiti alla morte nei libertini anni ’60-’70 hanno molta più attinenza in tema. Forse, semplicemente, ci sono soggetti che faticano ad abbandonare i presìdi. Ci sono esseri umani che si incatenano a realtà ormai sfuggite al proprio controllo e si lasciano andare ad un lamento disperato. Un richiamo: “Ehi! Siamo qui!”. Vestirsi bene per andare nei club il sabato sera non è più sufficiente. Ormai si vede cosa e chi è fuori luogo in questo mondo. Si capisce quando è tardi, quando è ora di andare a “nanna”, cambiare strada, e voler contrastare questa realtà è un disturbo psichico che potrebbe anche avere una cura. Però, carissimi Duran Duran, dovete iniziare da oggi, perché già domani potrebbe essere troppo tardi. “Here Today, forgot tomorrow”.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni