“Church In These Streets” è il titolo provocatorio del sesto album di Jeezy. Questa volta i suoi messaggi includono dosi di spiritualità e politica. Non fate errori; questo non è un album gospel rap se non per esprimere la fede in Dio e per pochi rimpianti. Per lo più, la spiritualità traspare come simboli della vita del quartiere: “Lost Souls” sono spogliarelliste e spacciatori di droga, “God” è il punto di vista di Jeezy nel ghetto. Il più delle volte, questo simbolismo, assieme all’impegno di Jeezy per i suoi ’flow and delivery’ crea narrazioni avvincenti.
Il lavoro contiene più della sua vita reale in brani come “New Clothes” e “Forgive Me”. Ma include anche dei banger come “Gold Bottles” e “Hell You Talkin’ Bout” per non essere troppo rigido nel concept. Saggiamente, i momenti più apertamente politici di “Church in These Streets” sono gli interludi che consentono a Jeezy di esprimere i suoi messaggi chiaramente. In “Eternal Reflection Interlude” Jessica Care Moore incrimina la polizia per gli omicidi ingiusti verso gli afro-americani. Tuttavia un punto debole dell’album è nell’eccessiva lunghezza: 19 brani.
Mentre la maggior parte del sound è piacevole, alcune hustle-hard anthems come la fiacca “Hustlaz Holiday” o “God” sarebbe stato meglio tagliarle, ma fortunatamente, momenti come questi sono pochi. A seguito di tutte le storie di strada e di riflessione il riscatto per Jeezy e per i suoi ascoltatori arriva sul finale. E arriva non solo nella sua umiltà (“Forgive Me”) ma in “Just Win” che spinge i suoi ascoltatori al di là delle avversità. Il coro sembra riassumere il messaggio di tutto il lavoro. All’album però mancano uno o più singoli trainanti che purtroppo ne limitano i riascolti e lo rendono spossante dopo poco tempo.
“Church in These Streets” resta quindi un lavoro solido ma totalmente distante dagli album pieni di hit di successo del passato.