Navigati e versatili multistrumentisti polacchi, titolari di una gruppo aperto, qui in versione quintetto con sax, vasti assortimenti di tastiere ed una folta collezione di attrezzi più rumorosi che sonori, in grado di sfornare una free-music che rivede la grande parabola del jazz anarcoide e politicizzato di fine anni ’60 alla luce delle modernissime nevrosi del nuovo millennio.
Brani collage ad incastro, come un puzzle dissonante che accoppia a forza singulti funk, derive kraut, Zappa, John Zorn, sketch industriali e improvvisazione totale.
Una versione molto terrestre dell’Arkestra, che non si abbandona ad epici quanto facili deliri ionosferici, ma licenzia nove brani strumentali concisi e scontrosi come fosse acid jazz suonato dai Clash.
Notevole, ben costruito, spigoloso, assai ostico e fin troppo “alternative”, ma vale assolutamente un ascolto per ogni fan dell’Art Ensemble of Chicago o dei Faust.