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L’ultimo concerto a Roma: gli ultimi giorni dei Nirvana

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Accendiamo la macchina nel tempo. Non dobbiamo fare un grandissimo salto temporale. Basta tornare indietro di 22 anni, nel Febbraio del 1994. Destinazione Roma, Via Appia, Palaghiaccio di Marino. Sul palco, dopo i Melvins, sono attesi i Nirvana, arrivati in Italia il giorno prima in occasione del concerto di Modena.

La band è all’apice del successo: con tre album sono entrati di diritto nella storia del Rock portandosi dietro l’etichetta di capostipiti del genere Grunge. Al timone della band un Kurt Cobain, angelo biondo, simbolo di una generazione incazzata e rabbiosa.

Non è la prima volta che la band di Seattle arriva nella capitale: Si tratta infatti del terzo concerto romano per i Nirvana, dopo il primo del 1989 al Piper Club quand’erano ancora dei ragazzi americani in cerca di gloria, pur con un Cobain già in preda a gravi squilibri (con tanto di tentativi di suicidio durante il concerto) e che minacciava di porre fine alla band.
Per fortuna la band non si sciolse e due dopo mesi dopo l’uscita del fortunatissimo Nevermind torna a Roma nel 1991 per suonare al teatro Castello di Roma, a pochi passi dal Vaticano, facendo il tutto esaurito e regalando ai fan uno spettacolo potente e di spessore.
E nel 94 la band è un gruppo di successo internazionale. Ma quel concerto non si rivelò all’altezza ed anticipò la parabola discendente che di li a poco sarebbe coincisa con la scomparsa (suicidio od omicidio fate voi) di Kurt Cobain.

Le premesse per un grande concerto c’erano tutte: tantissimi adolescenti armati di zainetto aspettavano l’apertura dei cancelli: folla immensa venuta a vedere i tre ragazzi di Seattle. Il grande atteso della serata, Kurt Cobain, non è al massimo della forma. Immobile durante tutto il concerto, non cambia posizione e la sua voce non è graffiante come al solito.
Tra il pubblico si registrano svenimenti: c’è davvero tanta gente, un gran caldo e poco ossigeno rendono l’atmosfera cupa e pesante. La scaletta, nonostante tutto, sembra filare liscia per poco più di un’ora. Fino a quando Kurt non voltò le spalle al pubblico per recarsi dietro le quinte e impugnò la Fender Mustang scaraventandola sul palco, oltre gli amplificatori. Un gesto estremo, forse un modo ribelle di concludere il concerto? Il resto della band, quasi scusandosi, abbandona il palco dopo aver suonato in attesa di un ritorno sul palco del cantante.

Sembrano i primi segnali di stanchezza e di sofferenza della band, in continuo bilico, con piccoli segnali (purtroppo premonitori) di cedimento, dipendente troppo spesso dall’umore e dal carattere del suo frontman.

Il giorno dopo la band fu ospite del programma Rai Tunnel, condotto da Serena Dandini: per l’occasione suonò Serve The Servants e Dumb con tanto di intermezzo comico di un Corrado Guzzanti vestito da giovane metallaro che cercava, invano, di scherzare con i ragazzi di Seattle.

Nel documentario Chi ha ucciso Kurt Cobain?, la Dandini parlerà dell’incontro con Kurt Cobain, raccontando:

«Incontrandolo, ho avuto l’impressione di una persona di una sensibilità estrema, indifesa, che difficilmente riuscivi a guardare negli occhi, con uno sguardo di paura come di un cucciolo braccato dal mondo.

Roma e l’Italia nelle ultime pagine della storia di Kurt e dei Nirvana. A 22 anni da quell’ultimo concerto a Roma, Cobain resta ancora un mito sbiadito. Non tanto quella della rockstar capace di vendere milioni di dischi in pochi anni, ma quello dell’uomo fragile e indifeso, sempre in bilico tra due mondi. Un angelo che non ha saputo reggere l’impatto col mondo. E che è rimasto irrimediabilmente schiacciato nel mondo del successo e degli sballi.Quel cucciolo braccato dal mondo lo saluteremo un mese dopo, quando il suo corpo venne trovato senza vita nella sua casa. Prima del triste epilogo Cobain tornerà nuovamente a Roma, dopo l’ultimo concerto tenuto a Berlino. Nella capitale lo raggiungerà anche la moglie Courtney Love con la figlia. Purtroppo quella non fu una classica vacanza con la famiglia, visto che tentò il suicidio ingerendo 60 pillole di Roipnol, farmaco dieci volte più potente del Valium. Ma per fortuna andò soltanto in coma e riuscì quasi miracolosamente a risvegliarsi.

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