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Lycus – Chasms

2016 - Relapse
funeral doom metal

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Tracklist

1.Solar Chamber
2.Chasms
3.Mirage
4.Obsidian Eyes

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Ci sono alcuni generi musicali in cui, più di altri, risulta difficile uscire da certi canoni, tematici o stilistici che siano. Il funeral doom metal è senza dubbio uno di questi: con il suo incedere lento, monolitico e, appunto, funereo risulta uno dei sottogeneri del metal meno orecchiabili e, per gli ascoltatori non abitudinali, più ripetitivi ed estenuanti alla lunga.

I Lycus, formazione di Oakland comprendente tra l’altro il primo batterista dei Deafheaven, si mostrano in grado, con questo Chasms, di confezionare un funeral doom che, attraverso l’incorporazione di semplici ma efficaci contaminazioni, riesce ad essere sorprendentemente accessibile pur senza tradire i principi basilari del genere.
Se già con l’acclamato Tempest (2013) la band aveva partorito un prodotto capace di spiccare fra le altre uscite dello stesso tipo, con Chasms, uscito per la Relapse Records (etichetta di alcuni fra i più rilevanti nomi nell’attuale ambito metal estremo e grindcore, fra cui gli italiani Cripple Bastards), i Lycus si affermano definitivamente come una delle realtà più interessanti nell’odierna scena doom.

Nell’arco dei quattro monolitici brani che compongono il disco, i Lycus guidano sì l’ascoltatore attraverso i tipici scenari di dolore, desolazione e solitudine, ma non disdegnano intensi momenti di furia, meditazione e, a tratti, catartica serenità. La maturazione artistica e compositiva della band rispetto ai lavori precedenti risulta subito evidente dall’opener “Solar Chamber”: sopra i riff pesanti e minacciosi un baritonale cantato pulito si alterna ai caratteristici, cavernosi growl, creando un’atmosfera tetra e solenne che, senza alcun preavviso, viene squarciata dall’improvvisa esplosione di blast beats e tremolo picking di chiara ispirazione black metal, il cui abbinamento al graffiante scream adottato per l’occasione quasi riporta alla mente i momenti più violenti dei Wolves In The Throne Room. La stessa formula viene ripetuta in conclusione di “Mirage”, terzo pezzo del disco, nel quale però assume importanza fondamentale il violoncello, suonato nell’album da Jackie Perez Gratz, musicista che ha regolarmente prestato i suoi servizi a formazioni metal del calibro di Om, Cattle Decapitation e Neurosis (band, quest’ultima, con cui i Lycus condividono più di una caratteristica). Il brano si apre con una batteria dal ritmo tribale, che accompagna il violoncello e una chitarra dal suono pulito verso una climax che si risolve in una tragica esplosione sonora, in cui il violoncello diventa protagonista, avvolgendo egregiamente le chitarre distorte. Simile inizio ascendente è presente nella title track, che prende però derive diverse, evitando acceleramenti estremi in favore di una ritmica più cadenzata ma comunque lontana dalla canonica, pachidermica lentezza del funeral doom e maggiormente vicina, invece, al death metal. Il brano finale “Obsidian Eyes” è l’episodio più tradizionalmente funeral e, pur essendo un buon pezzo nel suo genere, finisce per rappresentare il momento più debole di un disco in cui l’eclettismo costituisce il principale punto di forza.

Chasms si configura quindi come una solida prova per i Lycus: disperato e tombale come si addice al funeral doom ma allo stesso tempo, in linea con l’artwork a cura di Paolo Girardi, malinconico e quasi romantico nelle sue parti più melodiche. Nei suoi oltre quaranta minuti riesce a intrattenere l’ascoltatore arricchendo la già ottima proposta funeral con soluzioni solitamente inusitate, risultando un album godibile anche da un ascoltatore non avvezzo al genere.

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