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Filth In My Garage – Songs From The Lowest Floor

2016 - Argonauta Records
post-hardcore

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Tracklist

01. Stampede
02. Black and Blue
03. Devil’s Shape
04. Greenwich
05. Awful Path
06. Red Door
07. The Lowest Floor
08. Owl Feather

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Primo vero e proprio full lenght per i Filth In My Garage dopo la buona prova dell’Ep “12.21.12”, che già aveva lasciato impressioni positive. Con questo disco uscito per rgonauta Records il quintetto bergamasco ha decisamente fatto un ulteriore passo in avanti, ampliando le diverse sfaccettature che già permeavano il sound del lavoro precedente. La base rimane il post-hc ed il metal-core di gruppi quali Poison The Well, direi forse la maggiore fonte d’ispirazione per la band, ma intrecciato con diverse influenze e ciò, come in tutto quel filone definito “post”, rende ancora più difficile catalogare il disco in un genere ben preciso.

Addentrandoci nell’ascolto, dopo un primo brano/intro “Stampede” dal sapore western come in una colonna sonora di un film di Tarantino con tanto chitarre sospese e tremolanti nell’aria, si parte subito forte con la carica e “punkeggiante” di “Black and Blue”, con i suoi intermezzi melodici ed articolati, che ci dà subito un buon assaggio degli ingredienti presenti nel disco, così come nella successiva “Devil’s Shape” che parte cattivissima ma poi rallenta e si apre a sonorità vagamente in stile Ornaments per poi riesplodere nel finale. Un basso pulsante e chitarre sinistre dal retrogusto noise aprono la tribale e strumentale “Greenwitch”, davvero notevole nel suo incedere, per poi passare alla lenta e suadente “The Awful Path”, con il suo ottimo crescendo di emozioni.

Lavoro molto curato quello dei Filth In My Garage, ma soprattutto un disco emozionale, nell’accezione del termine utilizzata da band come Neurosis per intenderci, quindi complesso, impegnativo e che necessita di più ascolti per coglierne tutte le sfumature. È il caso di “Red Door”, brano in cui la sezione ritmica precisa la fa da padrone con i suoi continui stop’n’go, almeno fino al colpo di scena nel finale, che mostra ancora una volta come i nostri siano a loro agio nello spaziare tra sonorità differenti anche nello stesso brano senza risultare forzati, cosa che dimostra le eccellenti capacità di songwriting della band orobica oltre che un grande impegno. Il disco si chiude con la title track e soprattutto con l’oscura e malinconica “Owl Feather”.

Promozione piena quindi per i Filth In My Garage, che hanno saputo mettere un po’ da parte la frenesia degli inizi a favore di un lavoro più meditato ed articolato, il tutto condito da ottimi suoni ed arrangiamenti complessi, smorzati nei punti giusti da un buon ed appropriato uso della melodia.

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