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Ulan Bator – Abracadabra

2016 - Acid Cobra / Overdrive
post-rock / noise

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Tracklist

1.Chaos
2.Longues Distances
3.Coeurrida
4.Ether
5.Saint Mars
6.Evra Kedebra
7.Holy Wood
8.Radiant Utopia
9.Golden Down
10.Protection

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A volte ritornano, si diceva degli zombie. Amaury Cambuzat e i suoi Ulan Bator sono tutt’altro che dei non-morti, ma sono nuovamente tornati, non fatemi sprecare l’incipit, su. Come tutte le band leggendarie, anche a loro tocca essere avvolti da fosche nebbie, la gente non ricorda, i nuovi non si sbattono ad andare più indietro dell’altro ieri, e allora l’unica soluzione è palesarsi con la prepotenza di un nuovo lavoro.

Così sia. Dal nulla, dunque, appare “Abracadabra” e, come per magia, spacca il culo. Amaury fa tutto da solo, salvo quando James Johnston (già Bad Seeds, e Big Sexy Noise) si palesa agli archi e all’organo mentre l’italiano Giordano Ceccotti si diletta alla ghironda. Scelte inusitate, come se fosse la prima volta, o l’ultima. Purtroppo i conti col passato è difficile farli, e per quanta bellezza, o potenziale capacità di spaccar culi, non siamo ai livelli di quanto è stato. Ma chissenefotte, no? Pezzi di feroce art-rock come “Coeurrida”, “Evra Kedebra” (al limite dell’industrial) e l’arcigna “Golden Down” non la mandano a dire. Quando i toni s’abbassano si sente la maturità di Amaury chiamare a gran voce; la morbidezza post-punk di “Longues Distances”, e qui la ghironda fa davvero la differenza col suo tocco antico, le carezzevoli chitarre acustiche ammorbate da un’elettricità psichedelica (quasi quasi mi ricordano i nipponici Ghost) a contrapporsi a virate elettriche di “Radiant Utopia”, mentre “Ether” porta il nome di Nick Cave (che non ha dimenticato il suo passato di punk molto post) ben stampato in fronte.

Chi parla di capolavoro purtroppo ha usato toni un po’ troppo alti, ma di classe da vendere ce n’è, come c’è sempre stata, e sono le riconferme di questo tipo che permettono a band come Ulan Bator di far parte della leggenda della musica “altra”.

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