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Appaloosa – BaB

2016 - Black Candy
post-rock / elettronica

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Tracklist

1. Supermatteron
2.Longimanus
3. Halle 9000
4. Ketama Gold
5. Mulligan
6. Beefman
7. Bab e Day
8. Creepy
9. Jungla Shuba
10. Krypton 85
11. Imboschi

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Solitamente le band diventano grandi quando, oltre ad avere alle spalle innumerevoli anni di carriera che li hanno visti cavalcare i palchi entro i confini del bel Paese e non e li hanno resi protagonisti assoluti di contesti musicali ben definiti, ad un certo punto vogliono andare aldilà di quello che finora hanno realizzato. Molti amano definire tale fase come quella dell’approdo al “disco della maturità”, quello che arriva quando meno te lo aspetti e che prevede cambiamenti vari che creano quella mistura di sgomento e piacevolezza o sdegno in chi ascolta, a seconda. Poi, al contempo, ci sono le band che nascono grandi anche se non ne sono consapevoli, quelle che, disco dopo disco, dimostrano di non aver bisogno minimamente di una svolta (o, come detto prima, della fase della maturità) e che continuano a riproporre ciò che dal principio li ha resi agli occhi della nicchia una superband. Stilare una lista per avere prova della quantità esplosiva di band che in Italia, come chiaramente un po’ ovunque, sono racchiudibili in un caso o nell’altro non ha grande senso, il punto è capire la direttiva che molto spesso tali gruppi seguono per forza di cose.

Gli Appaloosa, senza dubbio alcuno, sono menzionabili nel primo caso, una band che non è nata grande ma che lo è diventata col tempo, anche se è da ammettere che è difficile parlare di ‘Bab’ come del famigerato disco della svolta. Se non fosse per la vicinanza, non del tutto inaspettata, alle movenze elettroniche che tanto ci piacciono, il disco non presenta peculiari divergenze con i lavori precedenti. Partendo da quello che è l’incipit dell’album, ‘Supermatteron’, è possibile cogliere questa piccolamanontroppopiccola proiezione verso suoni più irti e spigolosi, quelli, in altri termini, che fanno ballare senza freno grazie alle ritmiche più accelerate rispetto allo stile tendenziale della band toscana. Il secondo step della tracklist rappresenta l’immediato nontiscordardime che un fan che si rispetti degli Appaloosa attende con ansia, quello che per bellezza e carisma è fortemente paragonabile a Deltoid (che consiglio vivamente a chi non conoscesse il brano del loro scorso lavoro di tre anni fa), ‘Longimanus’. Stessa idea di fondo, dinamica e veloce stando a come si evolve e celere considerando la durata del pezzo. Un approccio molto più letale all’elettronica arriva con ‘Beefman’, un assaggio (dura poco più di un minuto) di una base al limite tra il Rap/R’n’B in stile Aucan con contorno di innovazione allo stato puro, e la track finale ‘Imboschi’, un ensemble di sintetizzatori che lambiscono derive lounge ultrarilassanti, (per gli amanti del genere, altrimenti snervanti!).

Gli Appaloosa, ormai giunti al sesto disco (non contando la raccolta di brani remixati del 2012), sembrano non voler puntare chissà quanto in alto nè dimostrare ulteriormente quello di cui potrebbero essere capaci. Mi spiego: stando alle premesse di cui sopra, tornando quindi a dire che esistono band che cambiano e si rinnovano non appena ne hanno modo, si intende che di base c’è la tendenza a far sì che la propria musica approdi in quante più orecchie possibile. Non ho dubbi sul fatto che nel caso della band in questione l’intento possa non essere quello ma è da ammettere che continuando a proporre lo stesso prodotto, per quanto piacevole ed elettrizzante possa essere, risulta molto più complicato riuscire ad emergere, andare oltre ”l’ipocentro” iniziale. Artisticamente, valutando ogni tassello della discografia della band, sembra si siano arenati al punto da cui sono partiti (o quasi), è come se il successo e il livello di notorietà ottenuto con gli anni in giro per l’Europa (che a breve li rivedrà protagonisti di tanti attesi appuntamenti) li abbia in qualche modo resi comunque soddisfatti del risultato. A questo punto le varie scuole di pensiero possono dire la propria scatenando chissà che turbinii e sputando morali gratuite ma c’è un forte dato di fatto di fondo: checchessenedica gli Appaloosa sono davvero una grande band, loro si piacciono così, a noi lo stesso e il resto poco importa.

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