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Dj Color & Sandro Su – Hungerplan

2015 - ThisPlay Music
hip-hop

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Tracklist

01 Hungerplan
02 I Vostri Eroi
03 Stayfree Feat. Madbuddy
04 Detesto Gli Intervalli
05 Mezzanotte Feat. Abbazabba
06 Atterraggio Feat. Sawerio
07 Del Piu Del Meno
08 Vien Cu Mme Feat. Toni Joz E O' Pecone
09 Continuo A Detestare Gli Intervalli
10 Lei Odia Le Trilogie (Parte 1 Di 3) Feat Nickbeat
11 A Gonfie Vele
12 Preferisco Le Conclusioni

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“Vorrei parlare a tutti ma non punto più una lira sullo sforzo collettivo”

Quando qualcuno si spiega già esaurientemente da solo, pare quasi irrispettoso aggiungere considerazioni personali. Eppure, mi risulta difficile non esternare quanto abbia apprezzato “Hungerplan”, specie in virtù della totale mancanza di attenzione da parte della stampa “specializzata” che ne ha accompagnato l’uscita, ormai più di un anno fa. Sarei lieto di scrivere che gli autori, DJ Color e Sandro Su, non hanno bisogno di presentazioni. Eppure, in un ambiente da anni molto più attento ai gossip che alla qualità dei prodotti che sforna, temo siano necessarie. Entrambi triestini e con alle spalle una solida esperienza ormai ventennale nelle rispettive discipline, consolidata da ottimi piazzamenti in competizioni internazionali di turntablism e una vasta gamma di produzioni e remix per quel che riguarda Color, e da una lunga serie di lavori autoprodotti nel caso di Sandro Su (da citare assolutamente: “Bisogna mantenere la posizione”, uscito nel 2011), firmata fino ai primi anni del 2000 con lo pseudonimo di Phogna.

Il “piano fame” dato alle stampe dal duo, sembra essere il naturale punto d’intersezione dei due background: Hip Hop saldamente ancorato alle sue radici musicali, in cui Funk e Jazz fanno spesso capolino nella scelta dei campionamenti (ben riconoscibile “That Loving Feeling” di Isaac Hayes nell’interludio “Odio gli intervalli”, probabile riferimento al film “La Haine” di Kassovitz, citato anche nel testo di “Del più del meno” : “…qui più faccio Vinz, più scene finali tragiche…” ) ma che non teme il dialogo con le più recenti soluzioni elettroniche. E se tra un crescendo di synth brillanti e una velata incursione nel reggae, capita di sentire un assolo di chitarra (“I vostri eroi”), tanto meglio. In una scena italica troppo spesso prevedibile nella scelta e nel taglio dei suoni, l’impossibilità di collocare “Hungerplan” in un filone musicale ben preciso, ne è in un certo senso uno dei maggiori pregi. E se la componente musicale soddisfa pienamente per freschezza e concretezza, quella lirica non è certo da meno. Sandro cavalca ogni strumentale con la naturalezza che solo una vita passata sui beat a fare rap può dare, le sue soluzioni metriche non suonano mai forzate e la ricerca della musicalità dei versi non è fine a sé stessa, bensì sempre contestualizzata all’atmosfera della base e finalizzata alla trasmissione di un messaggio. Già, i messaggi: una cosa di cui gli idoli dei teen ager sembrano essersi completamente dimenticati da anni, ma che di questo disco sono asse portante. Sebbene le tematiche affrontate non siano delle più leggere, con più di un passaggio dedicato alla sempre crescente omologazione di massa, un’enorme dose di ironia lucida e tagliente interviene costantemente a stemperare i toni: “…finale come Hendrix, vi saluto dal mio vomito, il resto è dignità che abbraccia il mio lato comico…”. Più chiaro di così…
Meritano una menzione anche alcuni degli ospiti che accompagnano i due: gli appassionati del genere non faticheranno certo a riconoscere gli stili di Mad Buddy su “Stay Free” e di Tony Joz dei 13 Bastardi su “Vien cu mme”, gli estimatori di un certo tipo di cantautorato di nicchia apprezzeranno senz’altro il ritornello di “Mezzanotte” cantato da Abba Zabba, stupisce la padronanza del flow mostrata da Sawerio, altro artista che definire sottovalutato è un eufemismo, su “Atterraggio”.

Nove tracce e tre interludi, poco più di trentacinque minuti di musica e rime, per tracciare un ritratto quanto più possibile onesto di chi, a dispetto della massificazione e della mercificazione di qualunque cosa, rivendica testardamente la propria identità culturale e individuale, senza mai scadere in facili populismi né avventurarsi in pindarici voli idealisti, che con la realtà che ci circonda hanno ben poco a che spartire. Un’impresa non esattamente alla portata di tutti e azzardo: che in tempi e luoghi diversi avrebbe probabilmente fatto scuola.

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