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[Video Anteprima]: LAZYBONES FLAME KIDS – Gnothi Seautòn

Lazybones Flame Kids

I Lazybones Flame Kids si formano nell’estate del 2013, per dare vita ad un progetto in cui i vorticosi loop di chitarra si alternano ad un cantato recitato, urlato e sussurrato, mischiando i tipici tocchi atmosferici del rock strumentale alla spinta emotiva dei classici del post-rock. Il 3 marzo 2016 esce il loro primo album L.F.K., in formato digipack edizione limitata per Coypu Records. L’album è anticipato da due singoli. A Ride in an Amusement park è un omaggio al compianto Bill Hicks, presente nell’ultima strofa del brano con una citazione tratta dal suo spettacolo Revelations datato 1993. La band decide di utilizzare mixer, strumenti ed effetti degli anni ’60-’70 per dare all’album sonorità vintage con una tessitura evocativa e fragile, suonando come una ninna nanna tra Dinosaur Jr e Akron / Family, attraversando diversi habitat musicali che vanno dall’indie rock dei June of 44 e American Football (Little Captain, Spoor 17) all’introspettivo post rock di Mogwai e Explosions in the Sky (And Then I Screwed Everything Up, Gnothi Seautòn).

Per concludere il ciclo cinematico, esce in anteprima per Impatto Sonoro, il video di Gnothi Seautòn, realizzato da Claudio Spanu, già video jockey dei Lazybones Flame Kids.

Per conoscere meglio cosa si cela dietro questo video siamo andati a fare due micro interviste: una al realizzatore del videoclip Claudio Spanu e l’altra alla band.

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Ciao Claudio, come nasce la collaborazione con i Lazybones Flame Kids e la realizzazione di questo video? Sei soddisfatto del risultato ottenuto?
Ho iniziato a collaborare con gli LFK più o meno due anni fa. Credo che il primo live assieme dove curai i loro visuals fosse a natale 2014 ma potrei sbagliarmi, chiederei conferma ai ragazzi. Abbiamo ripetuto l’esperienza circa un anno dopo e un’altra volta nel corso del 2016. Questa simbiosi non ha proprio una data e un motivo ben precisi: conoscendoci tutti da un bel po’ di tempo, venendo dalla stessa città, ascoltando più o meno la stessa musica e frequentando gli stessi ambienti, si è sviluppata in maniera naturale. Loro sapevano che io curo la parte visual di alcune band e io amo il post rock, due più due ha fatto quattro molto velocemente. Per quanto riguarda il video di “Gnothi Seauton”, si è iniziato a parlarne tra aprile e maggio di quest’anno. Chiacchierai con Marco al telefono di alcune proposte di sceneggiatura e mi diedero praticamente carta bianca a livello creativo purché fosse comunque un minimo legata all’atmosfera del pezzo. Iniziai a scrivere la storia ma non riuscivo a trovare un finale degno dopo l’inseguimento. E lì, è stato fondamentale Jacopo Trotta, mio collega di lavoro a Lanovantuno e sceneggiatore/autore del video. Abbiamo scritto la storia a due mani: io buttavo fuori robe confusissime e lui le metteva in ordine in maniera coerente (ahah). Il progetto, poi, ha subìto un piccolo stop perché originariamente doveva essere filmato a Milano, cosa che non è potuta andare in porto per questioni logistiche, quindi ho spostato le riprese in Sardegna facendole coincidere con le mie ferie.
Sì, sono assolutamente soddisfatto del prodotto finito. Per quanto potrebbe non trasparire dalle immagini è stato faticosissimo lavorare in solitaria sia alle riprese che al montaggio.
Credo che rispecchi in maniera abbastanza fedele sia il senso del testo (nonostante non mi piaccia essere troppo didascalico), che il mood del pezzo. Ha anche una forte coerenza con ciò che ho sempre pensato delle relazioni fra gli esseri umani (sentimentali o meno che siano): c’è sempre un inseguimento reciproco dove qualcuno scappa da qualcun altro, si tende a nascondersi dietro maschere, false intenzioni, o comunque a mostrarsi in una maniera differente da ciò che si è. Mi piaceva un sacco anche poter comunicare a chi guarda il video come ci si sente quando un tipo di “relazione” o anche solo una persona tende a braccarti e a farti sentire come una preda. Penso che la parola chiave, per comprendere il senso della storia, sia proprio “Runaway and walk away”. Nel momento in cui stavo lavorando allo script del video sentivo molto la necessità di fuggire da determinate situazioni. Esorcizzare determinati problemi personali e poterli comunicare liberamente in un proprio lavoro penso sia una parte fondamentale del mio operato alla quale voglio rinunciare il meno possibile. Senza prendersi troppo sul serio, chiaramente, ma credo molto nella capacità terapeutica del mio lavoro.

In un genere emozionale e di forte impatto come quello dei Lazybones Flame Kids, quanto è importante la dimensione live e la tua presenza dal punto di vista visual?
Ti direi “fondamentale” ma sembrerei un po’ troppo paraculo! AHAH! Scherzi a parte, credo che nell’industria musicale contemporanea tutto si giochi nella parte live. E ovviamente credo che sia basilare la presenza di lighting e visuals all’interno di una performance, ma di qualsiasi artista, non solo post rock. Diciamo che solitamente si agisce per coerenza fra messaggi/identità della band e tipo di coerenza che una performance visuale può dare come valore aggiunto. Nel post rock, sopratutto, sono importantissimi il concetto di “atmosfera” e “narrazione”. Il tutto dipende dal progetto concordato con la band in questione. Per i Lazybones è importante l’equilibrio che si crea fra queste due componenti. Il loro show generalmente si muove fra diverse dinamiche e miscele delle due cose, talvolta ne prevale una come in Little Captain dove i visual narrano gli incubi di un bambino sottoforma di fumetto, o talvolta prevale l’altra, come in And then I screwed up everything dove le proiezioni sono semplicemente giochi di luce per ricreare un atmosfera riflessiva, quasi una penombra da camera da letto. Parte tutto dalle necessità specifiche della band, comunque. Seguendo diversi progetti con annessi diversi mood e stili specifici è importantissimo saper interpretare ciò che la band vuole comunicare nel suo live. Per i Thank U For Smoking e per i Charun (i primi due progetti musicali che mi hanno concesso sperimentare un visual show, formalizzarlo e chiuderlo in un pacchetto da offrire anche in tour) la parte narrativa è molto meno presente, credo sia dato dal fatto che fanno un tipo di post rock più virato sul doom e sul post metal. La dinamica stessa dello show tende a non permettere una lettura di una storia, e quindi si a ragiona più su una parte atmosferica, quindi più astrattismo, più ambiente, più colpi di luce, strobi, fumo, ecc. Offrire, perciò, un esperienza, e non un qualsiasi concerto sterile, penso che sia la chiave per differenziarsi nel 2016, per qualsiasi band o artista. Chiaramente nel post rock, il concetto è ancora più forte.

Hai all’attivo altri progetti per il presente e il futuro?
Come dicevo, seguo molte band come VJ e light designer. Dopo quasi 3 anni di sperimentazione basilare con ledwall o videoproiettori, ora vorrei poter evolvere il concetto di show con dei videomapping di intere scenografie. Mi piacerebbe molto poter disegnare a animare un intero palco con dei pannelli o degli oggetti mappati. Passare dal vjing all’animazione della scenografia, insomma, argomento sul quale sto anche conducendo degli studi accademici. Parallelamente, poi, io faccio il videomaker a Milano in un collettivo di produzioni audiovisive chiamato Lanovantuno, dove piano piano, credo quasi per esigenze fisiche di mercato, ci stiamo specializzando su prodotti per progetti musicali, dai semplici videoclip, a visual pack, a photobook e grafiche. Da qui ai prossimi mesi abbiamo un bel po’ di uscite come team video di alcuni artisti e ne siamo entusiasti. Poi, se mi rimane del tempo, sarebbe anche carino vivere.

Lazybones Flame Kids

Ciao Lazybones Flame Kids, iniziamo a parlare subito di Gnothi Seautòn: la canzone sembra avere una forte importanza all’interno del disco. E’ una delle canzoni più complesse a livello di testo, ne è stato fatto un remix e ora pure un videoclip. Come nasce questa canzone e cosa rappresenta per voi?
Gnothi Seautòn significa “conosci te stesso” in greco antico. La canzone, in maniera del tutto usuale, è nata proprio dal suo titolo. Ci abbiamo poi ricamato degli accordi e infine ne è nata una storia attinente al significato del titolo. Abbiamo scritto tutto l’album in un periodo di transizione delle nostre vite, dove alcuni di noi son stati messi davanti a delle scelte importanti, e il brano parla proprio di questo: un scelta tra lasciarsi andare, essere remissivi e sostanzialmente non decidere le sorti della propria esistenza, oppure smetterla di fuggire, fermarsi, ed essere artefici del proprio destino. Il remix di Andrea Marcias, aka WAARP, è nato per caso ed è stato un regalo inaspettato, questo video invece rappresenta al fine di un percorso iniziato con la stesura di L.F.K.

Rimanendo sempre sulle decisioni stilistiche come è avvenuta la scelta della cover del disco? Che importanza ha per voi il connubio tra immagini, video e musica?
Sostanzialmente l’idea dalla quale siamo partiti era la ricerca di una forte espressività a livello grafico, che dovesse ricalcare l’importante impatto emotivo della musica che era contenuta all’interno. Le parti anatomiche che son state pensate per descrivere l’album, ed in particolare le mani in copertina vogliono rappresentare il forte legame tra la musica e le sensazioni che ne derivano. Tutto l’artwork è curato da Antonio Ledda, che oltre ad essere un artista di valore è un nostro grande amico. Frequentando la band fin dal suo inizio, ha potuto entrare in simbiosi con le emozioni di L.F.K e ha prodotto un lavoro che noi riteniamo eccezionale.

Per concludere: siete soddisfatti della realizzazione di questo album e del tour annesso? Avete progetti per il futuro tipo un nuovo disco o altre date live?
Questo album è per noi un piccolo miracolo: tante son state le difficoltà e i momenti oggettivamente difficili nella realizzazione di L.FK, ma non abbiamo mai pensato neanche un minuto che l’album non avrebbe preso la forma che ha adesso. Un enorme ringraziamento va a Gabriele Boi, che ha registrato il disco e soprattutto ci ha creduto dall’inizio come e quanto noi (e che tra l’altro sentite cimentarsi al piano proprio nell’introduzione di Gnothi Seautòn), ed anche alla nostra testardaggine nel voler portare a conclusione delle canzoni che ci entusiasmavano  fin dall’inizio di questo percorso. Il tour è andato molto bene e speriamo col cuore di poter ritornare in giro al più presto, magari proprio per rodare dal vivo i nuovi brani che stiamo componendo in sala prove e che  faranno parte del nostro secondo album.

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