Impatto Sonoro
Menu

Il Collezionista Di Ossa

James Plotkin: Il Collezionista Di Ossa #32

collezionistadossa

Camminando nei meandri oscuri dei magazzini di Impatto Sonoro ci siamo imbattuti in molti cadaveri, interessanti resti umani che il tempo ha dimenticato e che abbiamo deciso di riportare alla luce per non lasciare alla polvere. Afflitti dalle nostre turbe ci sentiamo un misto tra The Bone Collector e Karl Denke. Presentarvi direttamente il corpo non sarebbe abbastanza frizzante, pertanto ci siamo imposti che ogni numero di questa rubrica sarà composta da tante piccole falangi tagliate che vi doneremo come pillole. Starà a voi seguire le tracce al suon di musica e arrivare goduriosamente al corpo del reato.
Recensioni di dischi finiti nel dimenticatoio, ristampe di glorie del passato, bootleg, archivi musicali e nuove uscite in formato musicassetta. Dalla minimal wave all’industrial, passando per gruppi underground est europei, giapponesi e catacombe innominabili.

A cura di Fabio La Donna.

James Plotkin – The Joy Of Disease
(Avant, 1996)

r-97742-1145338395-jpeg

Piove interrottamente da diversi giorni. Le foglie fragili degli alberi diventano talmente imbevute da sembrare traslucide. In lontananza, le luci di posizionamento di un inceneritore cercano di tagliare quel grigiore urbano che spesso accompagna le grandi città. Nei parchi, intanto, toni di marrone, arancio e verde si uniscono come in una una danza passionale senza tempo. L’arrivo dell’autunno e il suo finire è un susseguirsi di emozioni che, se a volte scaldano il cuore, altre volte lo infrangono. È misticismo puro. Mucci, in un sua analisi, ha detto che noi vorremmo che l’autunno non passasse mai, che non cedesse il passo a quella che verrà dopo di sè. Serve un disco che riesca a cogliere tutta questa essenza, che riesca ad uscire dalla massa per identificarsi come colonna sonora di questi giorni. Dalla libreria sporge un The Joy Of Disease che nel 1996 fa faville e viene prodotto da una Avant super attiva. Basti pensare che nello stesso anno, l’etichetta giapponese supportò individui come il noisettatoro Stefan Joel Weisser e il super eclatante Derek Bailey. Nel frattempo il giovane James Plotkin, stanco di fare lo zozzone con il grindcore e maturato grazie alle esperienze avute con Kazuyuki Kishino (K.K. Null) e Mick Harris (Napalm Death), procede il suo percorso e le sue prove riguardanti la manipolazione dei suoni dando vita a The Joy Of Disease.

L’album, composto da nove pezzi, si apre con una delirante Casual Murder in cui il ritmo magnetico e metallico si compenetra sapientemente con la voce di Ruth Collins(Scorn, Flux). Soundtrack immaginaria per un massacro nella foresta di Aokigahara. Segue una marcia pop-elettro-apocalittica con Hung On a Line. Atmosfere più fumose, quasi da romanzo giallo americano degli anni che furono. È il ritmo che attira ipnoticamente l’ascoltatore verso James Plotkin e lo rende schiavo di tutte le sue fantasie. Sono proprio le fantasie del musicista che rendono questo album da una parte affascinante e dall’altra altamente instabile e pronto ad esplodere. Un po’ come avviene con l’autunno. Se Red Plateau rimescola completamente le carte fin qui in tavola, bisogna aspettare Fuzzy per immergersi in una rumorosa ma dolce e malinconica ballata che toglie il respiro e fa riscoprire il concetto di amore. Ritorna la pioggia, ritorna il pulsare elettrico e industriale delle città che divora ogni sensazione di vitalità e Bloodslide è l’anticamera della parte più misantropa del disco. Il silenzio diventa ossessivo, le luci si spengono e i ritmi minimali divorano ogni sensazione di positività. Nel caos più totale il passare dei giorni viene scandito da un deep ambient spaziale che riesce a rendere Euphoria Passing molto competitiva anche con produzioni più attuali. Priva di troppi intellettualismi e sovrastrutture, sa essere pesante come una sconfitta. Infine, Disease As A Child, fragile come una foglia trasportata nel vento di questi giorni. Amorevole come un gatto che dorme sotto le coperte. Un lungo addio che conduce alla fine di questo album.

James Plotkin con The Joy Of Disease ha realizzato un disco difficile da digerire. Più che un ascolto casuale, è un compagno di viaggio in giorni come quelli tra ottobre e novembre. Un disco che può durare 60 minuti come 24 ore. Un fragile sole che emerge dalle nuvole mentre un pittore lo raffigura in riva al fiume.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Articoli correlati