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Free Nelson Mandoom Jazz – The Organ Grinder

2016 - Rare Noise Recordings
doom jazz / experimental

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Tracklist

1. Open The Gate
2. You Are Old, Father William
3. Funambule
4. The Woods
5. Calcutta Cutie
6. LORA
7. Bicycle Day
8. Inferno Pt.1
9. Shapeshifter
10. Always Go Left In The Maze
11. Om

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Dopo il successo ottenuto con The Shape Of Doomjazz To Come (2011), Saxophone Giganticus (2013) e il più recente Awakening Of A Capital (2015), i Free Nelson Mandoomjazz tornano con un album nuovo di zecca.

Uscito a fine settembre, The Organ Grinder è un lavoro che potremmo definire un vero manifesto dell’inclinazione artistica del trio: le note del classico free jazz in stile Sun Ra o Sonny Rollins si fondono con il sound deciso e incisivo del doom metal alla Black Sabbath.
Connubio impossibile? No, piuttosto improbabile o quantomeno stravagante, ma par funzionare: questa realizzazione è un vero e proprio salto in avanti verso quella maturità artistica e quell’apertura musicale ricercata dalla band. Inoltre, appositamente per coprire più sonorità e conferire una maggior gamma di colori a ogni traccia, alla lavorazione di quest’ultimo album hanno partecipato sia il trombettista Lu Klein, sia il trombonista Patrick Darley, mentre il batterista Paul Archibald –che insieme alla sassofonista Rebecca Sneddon e al bassista Colin Stewart fa parte della line up fissa- si è dimostrato un eccezionale polistrumentista, cimentandosi anche con piano e con organo.

C’è poi da aggiungere che la base pesante del doom jazz è rimasta intatta in brani come Open The Gate, Inferno Pt.1, Om e Bicycle Day, mentre appare leggermente smorzata in altri come You Are Old, Father William, LORA e Shapeshifter: in questi casi le linee melodiche sono più propriamente jazzate. Al tutto si aggiunge una fantastica interpretazione di Calcutta Cutie di Horace Silver.
Tra gli strumenti, il basso, con le sue note metalliche ed essenziali, è il vero sostenitore della sezione ritmica che fa da base alle agili evoluzioni del sax alto di Rebecca. Ma se si vuole comprendere fino in fondo questo album, allora la melodia non basta, è necessario prestare attenzione alle immagini evocate dai suoni, come la stessa Sneddon ci tiene a precisare: “Da compositrice di musica per i media sono molto influenzata dalle fonti visive. La circostanza si ripercuote sulle mie performance […] è come un’illustrazione di un’immagine mentale.”

Insomma, The Organ Grinder, composto in prevalenza da tracce di lunga durata, sembra essere il massimo dell’aspirazione artistica per il trio, che punta su una composizione matura e rivolta a un pubblico di “addetti ai lavori” –ammettiamo che alcuni brani sono in effetti di difficile ascolto per un novizio del genere- ma che sicuramente lascerà entusiasti gli amanti del doom jazz.

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