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Negura Bunget – ZI

2016 - Lupus Lounge
black metal / folk

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Tracklist

  1. Tul-ni-ca-rind
  2. Gradina stelelor
  3. Brazda da foc
  4. Baciu mosneag
  5. Stanciu Gruiul
  6. Marea cea mare

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Coi Negura Bunget ci eravamo lasciati un anno fa con il bellissimo “TAU”, primo capitolo di quella che Gabriel Mafa, aka Negru, e soci definiscono “Transilvanian Trilogy” che giunge oggi al suo secondo capitolo intitolato “ZI”. Questa parola, nella lingua natale del combo black metal significa “giorno”, ed è di una tenue luce diurna in veste acustica che godono gli otto brani che compongono l’album che passa nel mio condotto uditivo.

Se “TAU” spingeva sull’acceleratore di un’avanguardia mortifera ed oscura, il nuovo album rende il tutto più liquido e tribale possibile, trascinando il viaggiatore tra le fredde terre transilvane, in una Romania che scolorisce alle prime ore del giorno arricchendosi di sentimenti permeati di greve spessore nativo. Se forti sono le immagini rievocate dal flusso armonico dei pezzi, delicata è, invece, l’esecuzione. Il contenuto risulta, però, tutt’altro che effimero. Inutile non rendersi conto della pesante presenza di certi tocchi shoegaze (nonostante i nostri siano ciò che di più lontano dal blackgaze si possa trovare in circolazione) ad ornare i quadri delicati di pezzi come “Brazda Da Foc”, punteggiata da ferite rugginose sotto forma di sfuriate contenute, o nella spettacolare tela melodica di “Gradina Stelelor”, che incunea il sapore acustico ed austero della propria terra in gigantesche prove di forza in blast beats. Energia ferale che prende i comandi su “Baciu Mosneag” classica batosta black dalle tinte epiche forte di sterzate solistiche di chitarra da far rabbrividire di piacere tutti gli amanti del death tout court.

Il lato tribale di cui parlavo prima si erge dalle radici di “Tu-ni-ca-rind” e i suoi movimenti di danza rituale e percussiva, e in “Stanciu Gruiul”, dall’elettrico respiro balcanico. Mai come ora i Negura si sono avvalsi tanto dell’uso di voci clean, ora sognanti, ora declamanti e stentoree. Il bello di questo album risiede forse proprio in questo come dimostra l’atmosfera quasi dream “pop” che riempie l’aria della conclusiva “Marea Cea Mare”, monolite ascendente ed immenso che incrocia in maniera definitiva un mondo passato ed uno superno in un’unica grande texture splendente impreziosita da nenie dal sapore antico.

Con “ZI” i Negura Bunget riescono in ciò che gli Alcest dell’ultima fatica in studio non sono riusciti a fare (non appieno, quantomeno), ossia di mischiare un mondo melodico alle proprie radici violente in maniera così diretta e quasi “invisibile”. Lungi da me paragonare mondi così distanti ma siamo, nuovamente, ad un bivio per un genere che dismette i suoi panni ribelli per quelli dell’adulto cosciente di sé e questi signori sembrano aver capito come far coesistere le due cose.

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