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Il Diario Dell'Antigenesi

NOÊTA, DOOL: Il Diario Dell’Antigenesi #35

Il Diario Dell’Antigenesi è la nostra rubrica in cui vi presentiamo gli esordi discografici che più ci hanno colpito. Demo, EP, first release, MP3, tracce singole, Bandcamp: scandagliamo l’universo musicale alla ricerca di nuove emozioni. Questo mese vi presentiamo due debutti sulla lunga distanza targati Prophecy Productions. Da una parte le profonde atmosfere folk noir degli svedesi Noêta dall’altra l’occult goth-rock dei Dool, due band tanto diverse quanto accomunate dall’incredibile talento delle proprie voci femminili.

A cura di Fabio-Marco Ferragatta.

NOÊTA – BEYOND LIFE AND DEATH

(Prophecy Productions, 2017)

Quando, tra le inesorabili spire dello spulciar virtuale, si trova una band difficile da classificare noi scribacchini proviamo sempre un inverecondo piacere. Quel brivido lungo la schiena che porta ad aprire tutti i cassetti immaginifici posti nell’archivio delle nostre tortuose menti fino a trovare il coraggio di metterci a scrivere. Ed eccomi qui a parlare dei Noêta, duo svedese al suo debutto sulla lunga distanza (preceduto solo dall’EP “psyche” del 2015) su Prophecy Productions. Con il mio incipit non vorrei indurvi, però, a pensare che vi troviate dinnanzi ad un gruppo ultra sperimentale, di quelli che fan venire il mal di testa, sia chiaro, semplicemente è difficile metter loro un’etichetta. Non che sia obbligatorio, sia ben chiaro. “Beyond Life And Death” ha una base che potremmo definire “folk”, mutilando di non poco il contenuto effettivo dell’album. L’atmosfera che si respira tra i solchi del disco è quella delle tenebre black più spesse ed indefinibili, un’aria che tira tra Blut Aus Nord e il Burzum più pagano, sebbene l’elemento più prezioso di tutti, oltre ai suoni curatissimi e talvolta difficili da indirizzare, è la voce di Elea, che si incunea a ragion veduta tra le migliori lyricist attualmente in circolazione come Anna Von Hausswolff e/o Chelsea Wolfe, giusto per dare una linea d’identificazione, ma con un gusto baroque pop preciso, intarsiato di lirica vellutata, che forse manca alle altre. Si passa così da rarefazioni del metallo nero a tocchi folk sì, ma d’oltreoceano, fino a soundscapes shoegaze suonato in punta di piedi inframezzati da ambient lugubre e catatonica. Non credo di dover aggiungere altro. Pure Gold.

 DOOL – HERE NOW, THERE THEN

(Prophecy Productions, 2017)

Rimaniamo in casa Prophecy per trovare un altro debutto niente male. Dobbiamo spostarci in Olanda per incontrare i Dool. Il quintetto è, ad ogni modo, capitanato da un’altra voce femminile niente male, ossia quella di Ryanne Von Dorst, ma sicuramente molto meno pregiata della succitata Elea. Ma non stiam qui a fare paragoni futili. Il campo da gioco è decisamente un altro. All’immobile bellezza dei Noêta su “Here Now, There Then” si contrappone un movimento gothic rock che guarda al decennio ’80 come se niente fosse. Innegabile la presenza di certi fantasmi occulti, parlo chiaramente di Sister Of Mercy e The Cult, che fanno capolino nello sferragliare dell’epica “She Goat”. In ambito puramente doom gli spunti della funerea “Vantablack” sollazzeranno tutti gli amanti del genere, dai Cathedral in giù, sintomo di rientro nell’infernale movimento circolare di “The Alpha”. I momenti più diretti dell’album portano alla mente, invece, una sorta di connubio lancinante tra Le Butcherettes e Beastmilk come dimostrano i brani più classicamente rock “Golden Serpents” e “Words On Paper”. Un oggettino di genere che non mancherà di sollazzare gli amanti dell’occult del decennio di cui sopra.

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