Dopo tre anni di pausa, i Tinariwen ritornano ad affacciarsi al mondo della musica con il loro settimo lavoro: Elwan, album dalle fondamenta prettamente folk ed etniche, con consistenti venature blues e contaminazioni tipiche della world music; un mix potente e dalle mille sfaccettature, che risulta funzionale nel conferire al disco un’anima di una certa complessità.
Il gruppo, originario del nord-est del Mali, non fallisce però nel conservare quella tradizionalità tipica delle sonorità Afrobeat, che appare come punto focale dell’opera – significativa la presenza di percussioni, che vanno a mischiarsi con una tecnica chitarristica assolutamente degna di nota.
L’abilità musicale dei Tinariwen spicca difatti per la sua raffinatezza: ogni singolo strumento risulta piazzato nei brani in modo perfetto – i suoni dal timbro pulito e lineare funzionano ingegnosamente nel mettere in risalto le capacità vocali del cantante anche nelle tracce più corali, creando nel complesso un insieme armonioso e suggestivo.
Oltre al piano tecnico, Elwan si pone all’ascoltatore come album dalla dimensione emotiva considerevole: i suoni malinconici e sofferti sono palpabili in brani come “Ittus”, “Ténéré Tàqqàl” e “Nànnuflày”, che vanno a scontrarsi con l’energia esorbitante di altre tracce presenti nel disco, come il carichissimo brano d’apertura “Tiwàyyen”, o le sonorità travolgenti di “Sastanàqqàm” e “Hayati”.
L’energia gioca dunque un ruolo fondamentale in questo disco: il suo continuo trasformarsi e riaffermarsi in ogni traccia dona al disco un’impronta fortemente limpida, come se ogni canzone fosse incastrata perfettamente l’una con l’altra in un patchwork musicale minuzioso, completo nella sua totalità.
Un album immenso – seppur breve nei suoi tredici brani, dalla grande intensità musicale e dagli intenti sicuramente riusciti in fatto di evocazione, estremamente piacevole all’ascolto. Un vero e proprio viaggio di perdizione musicale nel deserto del Mali.