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Pallbearer – Heartless

2017 - Profound Lore / Nuclear Blast
doom metal

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Tracklist

1. I Saw The End
2. Thorns
3. Lie Of Survival
4. Dancing In Madness
5. Cruel Road
6. Heartless
7. A Plea For Understanding


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Dopo un disco meraviglioso come “Formations of Burden” c’era molta attesa per questo nuovo lavoro dei Pallbearer. Benché la base di partenza del suono del gruppo americano si basi su un doom-metal piuttosto ottantiano, è innegabile come la band abbia introdotto atmosfere e soluzioni molto personali, il che rende non proprio facilissima la descrizione del loro sound.

Se da una parte gente come i Candlemass continuino a rappresentare una delle influenze maggiori, ciò che troviamo dall’altra è invece un diverso mood. Laddove infatti gli svedesi hanno dalla loro un suono epico, tragico e maestoso gli americani viaggiano su binari più intimisti e crepuscolari.

Su questo “Heartless“, più ancora che in passato infatti, sono presenti atmosfere quasi pinkfloydiane e psichedeliche, come nell’inizio della lunga “Dancing in Madness” sorretta da un  magistrale lavoro solistico, diventato una delle caratteristiche più importanti nell’economia del loro suono. Un suono che grazie alla registrazione interamente analogica e alla produzione di Joe Barresi (Tool, Isis, Melvins) acquista ancora più dinamica.

Le influenze più moderne ed estreme si possono cogliere in certe soluzioni ritmiche che rimandano alle mente gruppi come i Rwake, mentre l’uso della voce, sempre a cavallo tra il classico e ruvido dona ai Pallbearer quella personalità che spesso manca in questo genere, come dimostrato nella seconda parte di “Cruel Road”. Heartless non è sicuramente un disco di facile ascolto, serve pazienza e attenzione per  metabolizzare ogni singolo brano ma il tutto è ripagato dalla bellezza di brani come la title-track o la conclusiva e toccante “A Plea For Understanding”.

Il segreto dei Pallbearer è quello di riuscire dove molti gruppi ultimamente falliscono pubblicando album con brani di una lunghezza estenuante e spesso fine a sé stessa. Un esempio perfetto potrebbe essere l’ultimo dei Fen, un lavoro che se snellito ne guadagnerebbe non poco.

La band americana riesce invece a scrivere brani lunghi, mai logorroici in cui la costruzione e la cura degli arrangiamenti è meticolosa e mai ridondante. Li aspettavo e non mi hanno deluso.

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