1. Love Is Mystical
2. Can We Hang On ?
3. So Tied Up
4. Restless
5. LA River
6. No Reason To Run
7. Open Up The Heavens
8. Invincible
9. Wilshire Protest
10. Luck Down
11. Ordinary Idols
12. Cameras Always On
13. Part Of The Night
14. Free To Breathe
Gli artisti della scena indie rock del decennio precedente hanno affrontato in questi anni un cammino difficile e che ha lasciato diverse vittime lungo il percorso. Nuove tendenze e artisti emergenti hanno reso “anacronistico” un sound che aveva caratterizzato più di un decennio e che aveva fatto le fortune dei discografici del settore.
Gli statunitensi Cold War Kids, dopo l’ottimo debutto Robbers and Cowards e il seguente Loyalty to Loyalty, hanno vissuto una parabola discendente che ha attenuato notevolmente la luce dei riflettori e che perdura da diversi anni. Il nuovo LA Divine è chiamato a risollevare una carriera che non può dirsi compromessa, ma che necessita di un colpo di coda.
Love is Mystical, insieme agli altri due singoli (Can We Hang On? e Restless) ci consegnano una band a proprio agio nelle soluzioni melodiche incastrate in un tappeto sonoro che vive di buoni spunti, e la loro posizione in apertura del disco è sicuramente azzeccata. Fra strizzate d’occhio ai Kooks più dancefloor e soluzioni di ampio respiro, arrivano i primi passi falsi, che si susseguono uno dopo l’altro. Luck Down si staglia sugli altri brani attraverso un parziale ritorno alla forza e all’originalità degli esordi, per poi barcollare nuovamente con la successiva Ordinary Idols, troppo banale nel suo proporre soluzioni facili e di ampio respiro melodico. Il colpo di coda arriva con le conclusive Part of the Night e Free to Breathe, due power ballad che non eccellono, ma che servono a svegliare l’ascoltatore da uno sbadiglio sempre più pesante causato dai troppi passaggi a vuoto.
Il 2017 dei Cold War Kids non sarà l’anno della loro rinascita. Le aspettative di un rilancio si sono perse in soluzioni che si mostrano coerenti, ma che non vivono di alti tali da far gridare al miracolo e che anzi – in più di un’occasione – lasciano indifferenti. Le derivazioni delle scelte sonore del gruppo californiano sono troppo palesi e sbiadiscono la caratteristica voce di Nathan Willet, che sempre sugli scudi, non riesce ad aumentare i giri del disco e a consegnare pezzi all’altezza. Se si escludono i brani di apertura e sparuti episodi all’interno dei pezzi successivi, si potrebbe parlare di un chiaro fallimento. ortunatamente per loro si tratta “solo” di un disco anonimo che vive dei suoi singoli.
A questo punto è difficile credere in una ripresa, ma probabilmente non è questo lo scopo dei cinque nativi di Long Beach, California.