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“The Colour And The Shape”, colore e forma dell’Olimpo dei Foo Fighters

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Da one man band un po’ incazzata col mondo a formazione capace di riempire stadi e arene con una fanbase ciclopica: i Foo Fighters divengono quel che conosciamo adesso grazie a “The Colour and the Shape“, secondo album pubblicato il 20 maggio del 1997.

La storia narra che tutto nasce con un Dave Grohl sconfitto e devastato dalla morte di Cobain che, dopo la pubblicazione di “Pocketwatch” con lo pseudonimo Late! su un paio di musicassette, rimane in silenzio, relegando la musica in un cassetto. Nel 1994 fonda la Roswell Records ed è lì che iniziano a volare oggetti volanti non identificati direttamente dagli anni ‘40. Grohl userà per la prima volta il nome Foo Fighters nel 1995 per l’uscita del disco omonimo ma è ancora da solo (escludendo le collaborazioni di amici che suonano, producono, lavorano a foto e artwork).

Le soddisfazioni erano arrivate col primo disco ma non in modo così eclatante: i Foos raggiunsero ottimi risultati e la “periferia” del successo universale era ormai loro. L’incognita del secondo disco era dietro l’angolo.

Photo credit: Tony Woolliscroft/IconicPix

In quel momento di totale rinascita musicale e personale, il batterista dei Nirvana decide di diventare frontman a tutti gli effetti e raduna quelli che diverranno i suoi compagni di viaggio, pescandoli dalla scena alternativa della West Coast: i primi a salire a bordo sono Pat Smear dei Germs e Nate Mendel e William Goldsmith dei Sunny Day Real Estate. “The Colour and the Shape” inizia veramente a prendere forma.

Le tragedie da soap opera non mancheranno durante la realizzazione di questo album. Il punto dolente sarà il rapportarsi di Dave con il recente divorzio, il suo ingombrante passato (mai andato via) da batterista e, ovviamente, la fallita collaborazione col batterista Goldsmith. Leggenda (ma neanche tanto) vuole che Grohl, insoddisfatto della performance del buon Will, decida – col totale supporto di produttore, label e tecnici – di registrare nuovamente le parti di batteria, senza avvertire il collega che, adirato, lascia poco dopo la band. Inutile dire che il suo nome comparirà solo nei credits di due brani e in modo molto marginale.

Entro la fine delle registrazioni Taylor Hawkins, allora batterista di una Alanis Morrissette al top della carriera, prende il posto dell’auto-defenestratosi Goldsmith. Lo stesso Pat Smear, decide di mollare la presa a inizio tour, non abbastanza motivato a proseguire il progetto, forse non proprio nelle sue corde, diciamolo pure. Tornerà più avanti in occasione dei tour; registrerà nuovo materiale solo 10 anni dopo per “Echoes, Silence, Patience & Grace.

Sono tre i singoli estratti da “The Colour and the Shape“che – in qualche modo – destabilizzano l’opinione pubblica, pronta a trovarsi di fronte all’ennesimo disco di sola ispirazione grunge di cui gli anni ’90 strabordavano. Monkey Wrench apre le danze ad aprile: il brano sembra anticipare il pop-punk dei primi anni 2000, ridefinisce il concetto di “post grunge” ma è la chitarra un po’ tintinnante e catchy che accompagna il cantato a renderla diversa dal resto.

La vocazione al classico rock americano lo aiuta, riuscendo ad avere la meglio e facendo agilmente superare a Grohl la pesante etichetta di “batterista dei Nirvana”: i Foo Fighters saranno sempre iper radiofonici, pop quanto basta e conosciuti anche fuori dall’ambito degli appassionati; strizzano un occhio all’alternative del Sud, l’altro al post HC del Nord e, lo miscelano in canzoni da esaltazione collettiva. Se hanno abbastanza tempo, giocano con l’immaginario redneck appena gliene capita la possibilità. L’atteggiamento tra il serio e il cazzone che la band ha dagli albori riesce a raggiungere un pubblico ampissimo.

My Hero ed Everlong escono nel corso del 1997: se il primo è un brano massiccio che si rivolge al pubblico e alla loro quotidianità universalmente, il secondo ha tematiche più intime ed è probabilmente la canzone dell’album più conosciuta in assoluto. Inutile a dirsi, la vena romantica colpisce sempre e quando il videoclip visionario firmato da Gondry diventa uno dei più amati e visti su MTV il risultato sperato viene raggiunto: i Foo Fighters diventano a furor di popolo una delle più seguite formazioni in circolazione

The Colour and the Shape” non è solo un disco ben riuscito: la presenza di veri e proprio anthem da cantare coi pugni al cielo, abbracciati a decine di sconosciuti, lo rende il perfetto album da proporre nella dimensione live. I fatti ne danno conferma sin da subito: saranno 2 milioni e 400 mila le copie vendute dell’album, più del doppio rispetto al precedente eponimo.

1997 è per Grohl e soci sinonimo di rinascita e riscatto totale: l’Olimpo dei Foo Fighters è finalmente diventato reale…20 anni dopo più che mai.

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