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Les Discrets – Prédateurs

2017 - Prophecy Productions
shoegaze / trip hop

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Tracklist

1. Prédateurs
2. Virée Nocturne
3. Les Amis De Minuit
4. Vanishing Beauties
5. Fleur Des Murailles
6. Le Reproche
7. Les Jours D'Or
8. Rue Octavio Mey
9. The Scent Of Spring (Moonraker)
10. Lyon-Paris 7h34


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Arrivati al loro terzo album in studio Fursy Teyssier e Audrey Hadorn, in arte Les Discrets, decidono di fermarsi al centro di una strada lastricata di post-black metal figlio dei “fratelli” Alcest, shoegaze legato al doppio filo con My Bloody Valentine, Galaxie 300 e Slowdive e sintomi di rumore proveniente dalle più recondite e fredde regioni di un Paese lontano per guardare a lato della carreggiata decidendo di scavalcare il guard rail trovandosi dinnanzi a deità di tutt’altro stampo come Portishead, Massive Attack, il primitivo Tricky e, in sostanza, di un lontano verbo trip-hop finora nemmeno latente tanta la distanza intercorsa tra i generi.

Evolversi rimanendo legati alle proprie radici non è cosa semplice, ci tengo a ripeterlo in ogni occasione. Il più delle volte porta ad accozzaglie di genere difficili da digerire se non proprio oltremodo brutte. Ci vuole quella “luccicanza” che non tocca proprio a chiunque, diciamocela tutta. Il cambio di rotta per il duo francese si è palesato senza mezzi termini nella collaborazione con Dälek sul remix del brano Virée Nocturne, la cui versione originale finirà poco dopo in questo “Prédateurs”, ma che, pur trattandosi di una manomissione della materia di base, mostra un nuovo approccio al proprio es. Il rumore come base, l’eleganza e il temperamento di un fiume scuro e calmo come approccio intermedio, il tocco del mastermind di Deadverse come ciliegina sulla torta.

E poi? Poi fuori Winterhalter, metà della mela Alcest, e dentro Jean Joly, e già questa pare essere una forte dichiarazione d’intenti, essendo il batterista avvezzo a realtà che nella blackness afroamericana piantano piedi e mani come gli avant-jazzettari Lunatic Toys o i figli dello space funk Bigre!, e fornendo ai due la spinta per l’oltre. La novità infesta l’intero lavoro, le nuove idee abbracciano il passato, il futuribile l’archeologia -gaze dipingendo il silenzio di un cinema bruciato tempo addietro da fiamme color petrolio. Questo è l’album che stringo (stringete?) tra le mani, un disco “sulla perdita del tutto”, “dedicato al nostro pianeta e agli animali, suoi più nobili abitanti” e a noi umani, “predatori di noi stessi”. Queste le parole che svettano in chiusura di booklet e che danno un senso all’intero lavoro.

Un lavoro che strizza fuori dal cuore ogni tipo di sentimento possibile ed immaginabile, dal più cupo gioiello fatto di lacrime cristallizzate alla concupiscenza di un amore terrestre adombrato da mostri niente affatto incorporei. Così la succitata Virée Nocturne mostra il suo vero volto intarsiato da un groove hip-hoppish e laccato di synth space seventies che pulsano oltre le chitarre di cristallo che girano in loop. Cavalcate shoegaze-pop gonfie di sentimento come Les Amis De Minuit volgono lo sguardo al proprio vicino passato ripulendolo dal rumore e dal fastidio e donandogli un nuovo vestito di raso nero con le sei corde sempre in primissimo piano, ora arcigne ora sognanti, sempre di classe ultraterrena, destreggiandosi tra gli ingorghi melodici del già citato trip-hop bristoliano su Vanishing Beauties.

La notturna ballata Fleur Du Murailles, costruita attorno alle parole del maestro Victor Hugo, è un ascensore epico che mostra il lato più forte del duetto Teyssier/Hadorn, un crescendo post-rock debilitante e intinto nella sacralità più pura e sconcertante, mentre l’elettrogenesi virale di Le Reproche dona muscoli distorti ai nervi delicati di una creatura tutt’altro che morente. Il post-punk synthetico di Les Jour D’Or è anomalia nel coro in un volo pindarico di accortezze avant-rock mentre all’amico Neige vola il pensiero ascoltando gli arpeggi di The Scent Of Spring (Moonraker) senza per questo essere un minimo derivativa. Tra noise, sporco e acustici pastiche d’amor perduto si snoda la finale Lyon-Paris 7h34, road trip imbellettato da un pianoforte strappalacrime e tutta una serie di strati emotivi d’altri tempi. O altri mondi.

Avrei tanto voluto farvela più corta, ma ogni brano di questo album è una storia a sé, una serie di racconti brevi che vanno a formare un unico romanzo dalle pagine cosparse di pece e nebbia. Una descrizione accurata di questi tempi oscuri pronti a divorarci quando meno ce l’aspettiamo, fautori noi stessi di un destino ineluttabile, commento sonoro ad un possibile ultimo anno di vita della Terra, perché un solo giorno non basterebbe. Piccoli capolavori escono, a voi l’ardire di immergervici.

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