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Noel Gallagher’s High Flying Birds – Who Built The Moon?

2017 - Sour Smash
brit-pop / rock

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Tracklist

1. Fort Knox
2. Holy Mountain
3. Keep On Reaching
4. It's A Beautiful World
5. She Taught Me How To Fly
6. Be Careful What You Wish For
7. Black & White Sunshine
8. Interlude (Wednesday Part 1)
9. If Love Is The Law
10. The Man Who Built The Moon
11. End Credits (Wednesday Part 2)


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Prendete delle sonorità psichedeliche anni 70, del wave rock anni 80, un pizzico di brit pop anni 90 e mescolate bene con l’uso abbondante di elettronica fino ad ottenere “Who Built The Moon?” , ultima fatica musicale di Noel Gallagher e dei suoi High Flying Birds.

Il terzo album solista del maggiore dei fratelli Gallagher segue il percorso di sperimentazione già intrapreso nel precedente album, distaccandosi non poco da quel brit pop che è stato origine delle sue fortune. Un album dove sono presenti molte citazioni, se non tributi, alle sonorità che hanno fatto parte della musica inglese dagli anni 70 in poi. Il tutto è arrangiato in modo personale e, seppur in molti passaggi sia forte il senso di déjà-vu, il risultato finale è qualcosa di diverso dalle precedenti produzioni dell’artista di Manchester.

Il ritmo di tutto l’album è incalzante, si parte con Fort Knox con il suo sound alla moda; a seguire Holy mountain e Keep On Reaching che, con le loro sonorità elettroniche anni ’80, ricordano molto alcune produzioni di Gary Numan o dei DEVO. Le successive It’s aA Beautiful World e She Taught Me How To Fly sono maggiormente ispirate dagli anni ’90: base elettronica pompata nella prima, e riferimenti più pop nella seconda. Un piccolo calo di ritmo si ha con Be Careful What You Wish For brano più tradizionale nella struttura e nei suoni. Bello il riff di Black & White Sunshine ed il motivo di chitarra di Interlude (Wednesday part 1), ripreso in End Of Credits (Wednesday part 2), che incastrano tra loro la title track Who Built The Moon dalle atmosfere più psichedeliche.

Sul finale c’è anche spazio per la classica ballata Oasis style, Dead In The Water, suonata live chitarra e voce. Proprio quest’ultimo brano fa emergere però, a parere di chi scrive, tutti I limiti dell’album. Mentre in tutto il resto del disco la sensazione è di una costante forzatura in cui tutti i passaggi, anche I più riusciti, suonano ricercati, artefatti, non spontanei è invece in questo stile che il buon Noel riesce a dare il massimo: chitarra e voce, semplice e diretta su un giro armonico “rassicurante”.

L’impressione finale è che nella ricerca di mettere maggior spazio possibile fra sé e le produzioni del fratello, eterno rivale, si sia spinto troppo oltre dimenticando cosa è stato in realtà ad essere apprezzato della sua musica.

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