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Dunk – Dunk

2018 - Woodworm
alternative rock

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Tracklist

1. Intro
2. Avevo voglia
3. Mila
4. È altro
5. Spino
6. Ballata 1
7. Amore un’altra
8. Stradina
9. Ballata 2
10. Noi non siamo
11. Intermezzo


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“Se non ora, quando?” si saranno detti i Giuradei. Ettore, è un elegante cantautore bresciano dalle parole semplici e lampanti che, oltre a possedere una piacevole linea vocale che fa stare bene, ha un fratello, Marco, polistrumentista e arrangiatore, due figure che, seppur affiatate, pluripremiate e formatesi alla musica d’autore, non hanno avuto il giusto peso nella scena indie italiana, da troppi anni schiava dell’insipido banale.

È quindi giunto il momento ed i Dunk con naturalezza arrivano facendosi spazio, facendo a pezzettini la carta carbone su cui si adagia la maggior parte di “quegli altri” e sicuri nel consegnarci una scatola piena di cose nuove, preannunciate dalla rivisitazione dell’illustratore Lorenzo Fantetti, con l’affascinante nodo cinese di Pan Chang in copertina, simbolo dell’infinito fatto di vita e di morte, simbolo di rettitudine che porta al risveglio. Ecco cosa manca, sotto sotto, da uno sbadiglio abbagliante che anticipa il risveglio in gran stile, sono l’enorme sveglia che finalmente suona, a testa alta, proclivi al nuovo.

Il pubblico più attento e curioso risponde benissimo a questa novità, forse rassicurato dalla presenza dei grandi artisti italiani di cui la band è composta: i Giuradei hanno incontrato Luca Ferrari (Verdena) e contattato Carmelo Pipitone (Marta sui Tubi; O.R.K.), il supergruppo mette insieme idee, mani e vibrazioni e la sintonia tra loro è costantemente palpabile e proprio questo rende i Dunk una creatura affascinante, dal destino biologico estremamente rock nella quale le belle parole su carta di Ettore vengono mescolate al ventaglio occhiellato di sonorità brillanti, perchè “Dunk” non è un album di solo rock: il risultato del mix curato da Domenico Vigliotti col mastering di Giovanni Versari (Teatro degli Orrori, Afterhours) è impeccabilmente pieno nei lenti e incentrato sulla robustezza della sezione ritmica dove occorre.

Si parla di amore, di riflessioni, di delusioni e inadeguatezze, di cambiamenti e rancore messo da parte, cominciando con Intro che anticipa quella vena di amara malinconia che aleggia spesso nell’intero album, contrapposta alla freschezza rock di Avevo voglia che ci introduce con forza nel vortice degli splendidi giri di basso di Pipitone e percepiamo l’inconfondibile presenza di Luca dietro le pelli, garanzia di sicurezza stilistica e devozione allo strumento.

In Mila abbiamo un lucido e ritmico tappeto di lenti nodi in gola e da qui comprendiamo che i pezzi sono collocati nell’album in modo alternato nella loro natura di dualità contrapposta infatti arriva È altro, primo esplosivo singolo estratto, che ad un primo ascolto avrei scommesso tutti i miei ricci sul fatto che “Dunk” sarebbe stato un album divertente da mandare a volumi spaziali e invece no, si va proprio oltre: Spino per esempio è un pezzo molto pensato che si insinua con i tasti acuti di Marco, il basso di Carmelo è presentissimo come un serpente sulle gambe, i giri di chitarra ridono e passeggiano insieme alla voce il cui respiro si fa grande nel ritornello.

Si fa strada la struggente Ballata 1, sempre alternata al sole di Amore un’altra e la dura Stradina, fredda introspezione vocale di Ettore e le dense atmosfere nebbiose delle tastiere ce la fanno letteralmente adorare insieme a Noi non siamo, altro pezzo significativo della creatura Dunk già inciso nel vinile della mia testa e ribadisco che Luca è tra i migliori batteristi d’Italia.

Che continuino o meno questo progetto artistico, siamo di fronte a musicisti, a persone che si sono trovate bene nella perfetta unione di energie che solo la musica, quella sentita per davvero, può generare così naturalmente, ed è raro sentirlo così intensamente. Bravi.

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