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Interviste

Intervista ai NAVARRO

Rock incisivo, adrenalinico e sfrenato, ma pur sempre all’insegna della melodia è il prodotto live offerto ai propri fans dai Navarro, rock band italo canadese da poco tornata alle luci della ribalta col singolo “Cold Night Love Affair”

A pochi mesi dall’uscita del nuovo album, “Branded On My Skin”, Max Philip Navarro racconta l’ultima fatica della sua band ai microfoni di Impatto Sonoro.
Intervista di Ivan Cencigh

Allora, avete da poco pubblicato il nuovo album: siete soddisfatti del lavoro?
Certamente, Branded è stato un album molto importante perché ha segnato il nostro ritorno. Ma non siamo una di quelle band che indugia su ciò che è stato fatto. Viviamo costantemente proiettati nel futuro per cui Branded è ormai il passato e stiamo già pensando ai lavori che verranno.

Cosa spinge un italiano ad avvicinarsi ad un genere ostico per noi, come il rock americano? Quanto è stato determinante il fatto di avere un padre canadese?
Il problema del rock americano è che è difficile farlo risultare credibile in bocca ad un italiano. Nel mio caso ovviamente è stato più facile, anzi direi del tutto naturale. Invece, ho molti problemi a scrivere in italiano perché è una lingua che sento distante dai miei orizzonti musicali. L’inglese ci si adatta bene, poi a me piace giocare con i doppi sensi, quindi con l’inglese vado a nozze.

Cosa ne pensi della pirateria via internet?
E’ la realtà quotidiana con cui tutti stiamo facendo i conti da qualche anno a questa parte. Potrà sorprenderti ma non sono contrario alla pirateria. O meglio non sono contrario allo stato delle cose a cui siamo arrivati. E’ inutile dire se è giusto oppure no. Bisogna prendere atto del problema che oggi fare musica e investire sulla musica, intesa come cd, non porta da nessuna parte. Perché mai qualcuno dovrebbe spendere 20 e più euro per avere un cd quando può averlo gratis?
Le multinazionali hanno cominciato ad accorparsi per ridurre i costi di organico, ma sono destinate al fallimento e c’è poco da fare. Magari non oggi ma prima o poi cadranno.
Forse allora la musica tornerà ad essere arte vera, quella che si fa per estro e passione e non solo per i soldi.

Di recente i Radiohead hanno lasciato in download gratuito il loro ultimo album: cosa ne pensi?
Può essere la soluzione per il futuro. Ti ripeto non sono contrario, e non escludo che in un prossimo futuro anche noi si possa fare questa scelta.

Non pensi che la musica vada a morire così facendo?
La musica no, chi sfrutta il talento altrui probabilmente sì. Ormai sulle royalties guadagnano solo i grandi nomi, tutti gli altri campano con i concerti. Oggi è impossibile fare i miliardi vendendo dischi, ma è possibile fare buona musica e riuscire a farla arrivare in tutto il mondo. Come vedi Internet ha anche i suoi lati positivi.

Ma non c’è il rischio che così facendo artisti validi vengano declassati ad artisti di strada?
Economicamente è un declassamento, ma artisticamente no di certo.
Se vai a Londra, Glasgow o Dublino vedi decine e decine di artisti o band che hanno la possibilità di mettersi in mostra suonando per strada. Se lo facessero in Italia verrebbero presi per dei pezzenti. Invece lì sono considerati per quello che sono, cioè artisti, e i passanti lasciano mance molto buone perché ne riconoscono le capacità. Ho diversi amici a Dublino che vivono così, e ti assicuro che non sono per nulla frustrati perché la gente li considera parte importante del folklore locale.

Proprio la strada è molto presente nei vostri pezzi: come mai è spesso così centrale?
Beh, io la strada la vedo come raffigurazione della vita. Ci puoi trovare panorami bellissimi, ma anche squallidissime realtà suburbane. Così come nella vita ci sono momenti belli e momenti brutti. Poi ci sono le varie tappe, quelle che ti ricordi e ti ricorderai sempre perché sono come fotografie che hai scattato e che ti sei scolpito nella memoria e nel cuore.

Nella tradizione rock americana a cui vi rifate, ci sono grandi poeti che molto spesso hanno trattato il tema della strada: Bob Dylan e Bruce Springsteen. Quale preferisci?
Una lotta fra giganti! Dylan è più intellettuale, lo vedo come il classico bohemien dalla penna facile. Pur ritenendolo uno tra i più grandi poeti del Novecento, forse è un po’ troppo urbano per i miei gusti e il mio vissuto. Springsteen invece è più reale, concreto e terra-terra, è la personificazione del rock che trasuda di fatica. Personalmente lo preferisco perché lo vedo come un rocker vero, legato alla terra, alle tradizioni..

Quali saranno i prossimi passi dei Navarro?
Dunque, intanto stiamo ultimando le registrazioni della nuova versione dell’ep Parallel Lines. Avevamo voglia di reinciderlo con la nuova line up per svecchiarne un po’ i suoni e gli arrangiamenti e sentirlo più nostro. Tra l’altro ci sarà anche un inedito, Turn Back Time , a chiusura dell’ep. Poi il prossimo anno cominceremo a lavorare alle canzoni del nuovo disco di inediti. Le canzoni ci sono già, ma bisogna ancora suonarle parecchio per trovare il giusto amalgama.

In attesa di ritrovarvi a un vostro prossimo concerto, vi ringrazio per l’intervista.
Grazie a te e alla redazione di Impatto Sonoro, e un saluto a tutti i lettori.

www.navarroband.com

www.myspace.com/navarroband

Recensione di “Brandend on My Skin”

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