La combinazione tra tastiere, batteria e basso è forse quanto di più interessante la musica riesca a produrre. Quello che per molti potrebbe essere un deficit, cioè la mancanza di un chitarrista che fornisca una linea melodica o ritmica in un gruppo, per questo terzetto di musicisti auto-prodotti, diventa un gran bel pregio. È certo che alcuni interludi di queste due demo si trascinano un po’ stancamente attraverso il loro fluire, svuotano la complessiva composizione dei pezzi in un certo senso, ma non è la ricerca di un capolavoro inossidabile al tempo che ci si appresta a fare in questi 40 e poco meno minuti di melodia puramente rock. A dir la verità un chitarrista gli Underscore lo anche avevano, almeno fino al 2006, cioè quando hanno scelto di proseguire con una line-up priva di chitarra. la loro decisione è premiata da loro stessi, dalla solidità della sezione ritmi ca che ha il grande pregio di non mortificare le combinazioni melodiche tra voce e tastiere. Gli Underscore sono Pasquale Aliberti (basso, voce), Carlo Barra (tastiere), Diego Maria Manzo (batteria) e quello che ci regalano in queste due demo è un concentrato di delicate sensazioni e melodie assai ben architettate. Questa non è la celebrazione vanagloriosa semplicemente costruita attraverso le parole, a parlare sono i fatti che li vogliono come ouverture in concerti di artisti del calibro di Coolio, gli Stadio, The Zen Circus e The Niro, oltre naturalmente a vari riconoscimenti che ne fanno una bella promessa sul panorama musicale nostrano. Le due demo sono composte da quattro pezzi l’una, nella media dei 4-5 minuti l’uno. La prima demo Children on Birthday risulta avere sonorità più cupe e lente rispetto a A day will come, dove la voce di Pasquale si alza di un tono per seguire melodie più veloci e ritmate dettate dal lavoro di Diego Maria alla batteria. Proprio volendo effettuare una scelta tra gli 8 brani totali delle due demo ci si può abbandonare alle arie sognanti di A thousand universes, o al lungo gioco ritmico tra tastiere e basso (quasi 7 minuti) di It has left, passando poi attraveso le superbe e mai esagerate linee vocali di Not beyond Tomorrow, forse la composizione che merita il riconoscimento di miglior brano delle due fatiche. Sappiamo quanto è difficile nel nostro grande paese emergere in campo musicale senza scegliere un determinato stile o genere. Sarebbe un peccato se questa band, che mostra ampi margini di miglioramento, non trovasse lo spazio dovuto a chi come loro sa produrre un suond assolutamente riconoscibile e fuori dall’ordinario.
Taste: A thousand universes, It has left, Not beyond tomorrow.