Sarebbe bellissimo, ma purtroppo sconveniente pretendere chissà quale sconvolgente sconvolgimento della scena musicale italiana dai Macno, onesto e più che valido ensemble lariano alle prese con il loro secondo lavoro in studio, “Tutto Come Prima”, edito egregiamente dalla neonata La Scala Dischi.
Alla faccia di più illustri e illustrati colleghi, dediti ad ormai compiute e a tratti stucchevoli rincorse al successo popolare, i Macno si occupano più concretamente di vestire di chiaroscure sfumature new wave (Joy Division, un po’ di Cure, dosi massiccie di Smiths qui e là) una poetica tutta italiana, figlia di band come Marlene Kuntz, Baustelle e Virginiana Miller.
Ed è in questo contesto che va letta la prestigiosa collaborazione con Simone Lenzi dei Virginiana Miller, che fa capolino nella notturna In Controluce, viscerale e struggente ballata arricchita dagli arrangiamenti d’archi dell’onnipresente tuttofare Nicola Manzan.
Parlano di sé stessi i Macno, plasmando voci e strumenti in una pregevole e matura rappresentazione di stati d’animo, struggente dipinto di sentimenti illusi o rafforzati dal tempo, assorbiti e portati dentro con forza, fino a sentire il bisogno di esternarli, di regalarli con l’eleganza di chi sa di avere i mezzi per farlo senza scadere in gelide banalità.
“Tutto come prima” è tutto questo.
É un’intima rappresentazione di noi che scorre veloce tra le vene sotto forma di impulsi, fotogrammi, pensieri, personaggi da raccontare (Mario B e il Mastroianni che vorremmo essere di Un’Altra Goccia), ricordare e riascoltare tra le chitarre ora taglienti ora di seta, tra le ritmiche ora martellanti ora sostegno di eleganti melodie.
Dovremmo indossarla e farla nostra con prezioso orgoglio, con la cruda e splendida consapevolezza che la musica italiana non è solo (di) quei due o tre che prima o poi si stancheranno di stancarci.