Ho tra le mani “Vertigine”, il demo di Emanuele Caldara, seconda autoproduzione.
L’ho risentito parecchie volte, ho preso tempo.
Mi ha innervosita; ho anche detto al caporedattore Fabio Gallato che volevo stroncarlo.
Emanuele è originario di Maccagno, in provincia di Varese, che è terra prolifica di rock di qualità.
Ma il rock è solo il punto di partenza.La storia inizia con una chitarra classica, che si arricchisce di sonorità, quando sceglie di proseguire con una elettrica; e vede intrecciarsi nel tempo vari gruppi, dal Death Metal dei Gargoyles, alla coverband di Alta Tensione, e di altra Heavy Metal/Trash, i Blackened, di tribute ai Pearl Jam (6/2 Legs) e infine, di Alternative Rock, con gli Olophonic. Emanuele ha capacità compositiva e strumentale superiori alla media, ma in “Vertigine” è intrappolato in un prodotto self – made, che, per quanto registrato con tutti i crismi, risente di carenze strutturali incolmabili, prima fra tutte quella dell’utilizzo di drum programming: ritmica ipnotica e statica, che rischia di soffocare la vena intimista e i fraseggi virtuosi; penalizzante la presenza di chitarre distorte.L’apertura spetta a “Vertigine”, brano misurato e ben congegnato; seguono gli inutili “Run Away” e Davide Barbieri, che vi presta la voce: il contesto è pressochè ostile a un brano heavy. Niente a che vedere col resto del demo, che sperimenta, contamina, trova suggestioni sempre diverse: c’è Satriani, ci sono i Pink Floyd, suggestioni di classica, ci si spinge fino ai confini della new age. E non mi spiego perchè uno che suona così si ostini a voler cantare pop rock in “Whispers” e “Sussurri”.Cercate le sofisticate “Crop Circles” e “Fall of memories” su www.myspace.com/emanuelecaldara: capirete perchè posso dire a cuor leggero che in questo ragazzo c’è stoffa da vendere.