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U2 – No line on the horizon

2009 - Mercury
Pop Rock

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Tracklist

1. No Line On The Horizon 4.12
2. Magnificent 5.24
3. Moment of Surrender 7.24
4. Unknown Caller 6.03
5. I’ll Go Crazy If I Don’t Go Crazy Tonight 4.14
6. Get On Your Boots 3.25
7. Stand Up Comedy 3.50
8. Fez – Being Born 5.17
9. White As Snow 4.41
10. Breathe 5.00
11. Cedars Of Lebanon 4.13

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Ogni volta che gli U2 si chiudono in studio i sostenitori di questo gruppo si aspettano, all’uscita, qualcosa di magistrale che li sconvolgerà. Ogni volta che viene annunciato un nuovo album degli U2 tutto il mondo resta in trepidante attesa perché sa, ad occhi chiusi, che quello che li aspetta è un capolavoro e una benedizione dal cielo. Ogni volta che le radio trasmettono “l’ultimo singolo tratto dal nuovo album degli U2”, la gente, ammirata, produce bava e pelle d’oca. Se dalla radio dovesse uscire un peto firmato Bono & Co. Sarebbe comunque da restare imbambolati immersi nell’ammirazione. Questo è l’ultimo album degli U2, si chiama No line on the horizon e non è un capolavoro, non fa scintille, ma non è neanche un peto. È un misto democraticamente equilibrato di buone cose e cose meno buone. Nel giudicarlo s ono io stesso intossicato dalle note di One, Sunday bloody Sunday, Pride (in the name of love) e mille altri pezzi entrati nella storia della musica rock, può trattarsi anche del più inascoltabile album degli U2, ma non ci riesco, non riesco a scriverlo. È la quinta volta che ricomincio daccapo questa recensione, volevo scrivere che è spazzatura, che è meglio un fine settimana nelle favelas brasiliane, che qualsiasi disco di Gigi D’Alessio sarebbe un investimento migliore, ma non ci riesco, è più forte di me. Ogni volta che poggio le dita sulla tastiera per digitare mi tornano nella mente le note e la limpida e potente voce che hanno fatto la storia degli U2. forse anche loro cominciano a risentirne, forse comprendono che più di quello che si è fatto, umanamente, non si può fare. Neanche chiedendo l’aiuto dell’accoppiata d’oro Brian Eno e Daniel Lanois (praticamente membri ad Honorem degli U2) si può fare meglio di quanto si è fatto. Trent’anni fa nascevano gli U2, e in trent’anni si può visitare, arrangiare, produrre, comporre, remixare tutto il possibile e l’impossibile. Quest’album ha girato un po’ tutto il mondo e ne ha preso le influenze, come nella misticheggiante Fez – Being born, estrapolata direttamente da qualche minareto in Marocco. A più riprese si è registrato a Dublino, New York e Londra, dove il gruppo, preso da un’ondata di originalità, si è esibito sul tetto della BBC il giorno dell’uscita dell’album. Gli undici pezzi del disco si rincorrono tra alti e bassi mostrando, nonostante tutto, grande compattezza e definizione delle sonorità. Ottima prova con Breathe e Stand up comedy, potenti e se nza sbavature, così come nel primo singolo estratto dall’album Get on your boots che propone un altalenante ritmo chitarra-voce calcificati nel giro distorto al limite del basso. Sommessamente si stagliano tra la potenza musicale dei pezzi menzionati, perle delicate come Unknown caller, Moment of surrender e White as snow. Anche se non indimenticabile, si è sempre contenti quando esce un nuovo album degli U2.

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