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The Black Heart Procession – Six

2009 - Temporary Residence
rock/indie/folk

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Tracklist

1. When you finish me
2. Wasteland
3. Witching stone
4. Rats
5. Heaven and hell
6. Drugs
7. All my steps
8. Forget my heart
9. Lair’s ink
10. Suicide
11. Back to the underground
12. Last chance
13. Iri sulu

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Finalmente i depressi, i disperati, malati di vivere hanno trovato il loro appiglio per un altro inverno immerso nelle lacrime e nella disfatta cerebrale. Anche la parte moscia, floscia, triste e persa della nostra società ha diritto ad uno spazio pieno di musica che sia preferibilmente “da funerale”, per poter accompagnare meglio alcuni stati d’animo.

Non mi faccio meraviglia se quella parte della nostra società arrivi a scegliere i The Black Heart Procession come ideale colonna sonora dei propri turbamenti o dei propri vaneggiamenti lagnosi. I padri-padroni dello slo-core, solo un’altra macchia nel mare sporco del rock, brandiscono un’arma di una delicatezza così spontanea che viene la voglia di uccidersi veramente, di tributare all’ampiezza delle loro soffici canzoni il giusto quantitativo di sangue, magari con un colpo di pistola che attraversi la zona temporale da destra a si nistra o viceversa, scegliete voi. Provate a sentire When you finish me, nelle tremolanti parole di Pall Jenkins, così ben messe in musica dalle cadenzate ritmiche del piano, in un continuo sali e scendi che è una ninna nanna al calor bianco. Qui siamo un tono ancor più giù di quello che era nel 2006 The spell, siamo quasi sul fondo, alla base delle nostre sensazioni, stiamo toccando, con mani ancor più fredde di quelle che ci accompagnano in queste giornate, la linea gelida dei nostri sentimenti e la stiamo torcendo e tirando verso di noi. Non è cambiato molto da 3 anni a questa parte e le funebri cadenze che si sciolgono in ogni pezzo sono più o meno le stesse di allora, in più c’è forse quel gemito corale che accompagna Jenkins in canzoni come All my steps e che mette ancora più in risalto quel suo modo così debole e quasi cantilenante di parlare o cantare. Uno potrebbe anche dire di essere stufo dei BHP ma alla fine, arrivati alle note di chiusura di Iri sulu, a quei fantastici vuoti riempiti dai tasti di un pianoforte, si rimangerebbe tutto e subito. Forse sono un po’ fuori moda, un po’ troppo delicati in un momento di “rabbia collettiva”, troppo poco impegnati e incazzati, ma nei svarioni ritmici di Lair’s Ink c’è più di una semplice, triste marcia oscura.

È un po’ da pazzi continuare a discorrere sulla qualità di questo album, è innegabile che le canzoni che lo compongono si somigliano un po’ tutte e questo è un mezzo sacrilegio per chi divora arte, però bisogna dare il doveroso riconoscimento ai BHP di saper fare davvero bene l’unica cosa che sanno fare, comporre ballate uggiose per quelle fantastiche giornate grigie e piovose che riempiono il nostro autunno e che devono trascorr ere in un “luminoso sconforto”. La loro è un po’ come una culla fatta di spine che ti acquieta e ti ferisce di continuo, fino alla fine.

Taste: When you finish me, Lair’s ink, Iri sulu

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