Nel Cile degli anni ’70, devastato dalla dittatura del generale Pinochet, l’unica speranza per proseguire a sognare è cercare di imitare i miti del cinema americano. Raùl Peralta desidera a tal punto di essere come il protagonista de “La Febbre del sabato sera” che per perseguire il proprio sogno è anche disposto a uccidere.
Raùl Peralta ha tutto di Tony Manero: la capacità di ballare, le movenze, conosce a memoria le battute del film di John Badham e proviene da una zona degradata di una metropoli, esattamente come il Travolta del suo film preferito. Santiago però non è New York e il desiderio di riscatto di Raùl non può certamente passare attraverso la speranza di vincere qualche gara di ballo o fuggire da qualche altra parte del paese. L’unica speranza di Raùl è cercare di imitare il proprio idolo nelle serate di ballo presso il ristorante nel quale si esibisce e cercare di vincere una gara di imitatori di Tony Manero. La vita di questo disadattato cinquantenne, disposto a tutto per sembrare il proprio idolo, al punto di estraniarsi dalla vita, che nel Cile dei ’70 significava retate notturne e coprifuoco dittatoriale, è assurda quanto il suo totale desiderio di passare sopra tutto e tutti pur di cullare il sogno di una pista da ballo in plexiglass. Attorno a Raùl sfilano retate, arresti, interrogatori ai limiti dei linciaggio, tutto mentre lo stato cerca di rassicurare la popolazione con programmi tv di stampo americano, con gare di imitatori e film western che vengono passati con grande regolarità nelle televisioni delle case di Santiago. Castro è un Manero credibile, il film si lascia ammirare nonostante la lentezza spasmodica nella quale si muovono tutti i protagonisti, altri sconfitti dal destino ma che non vedono esclusivamente in Tony Manero un simbolo di rivolta e vittoria. L’epilogo della pellicola è assurdo esattamente come la vita di questo ballerino che probabilmente si vede già sconfitto quando davanti al cinema che regolarmente frequenta si accorge che “la Febbre del sabato sera” è stata sostituita da “Grease”.
a cura di Ciro Andreotti