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Cosmetic – Non Siamo Di Qui

2009 - La Tempesta Dischi
alt/rock/shoegaze

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Tracklist

1. Bolgia celeste
2. Nè noi, nè Leandro
3. Sangue+Sole
4. Via Maj
5. Pagine bianche
6. Ragazzo crudele
7. Zuffa
8. Carlo ha detto
9. Crostata
10. Ehi, sintonia
11. In ogni momento aspetto che arrivi qualcosa a distrarmi

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Nell’era del fighettume indie-electro, del facile successo e dell’ancor più facile precipitare, sembra che ci sia ancora qualcuno che ascolta gente come Sonic Youth e Dinosaur Jr. Non solo, c’è chi fa della musica, propria e personale, seguendo con orgoglio e dedizione la strada aperta, segnata e battuta dalle suddette band, oramai quasi delle leggende scomode e superate dal fragore pulito delle mode.

Benedetta ingenuità, allora, benedetti siano i Cosmetic, band romagnola che, tra mille peripezie, troppi cambi di formazione e qualche dischetto passato più o meno in sordina, arriva al disco con la D maiuscola dopo 10 anni quasi impercettibili.
“Non Siamo Di Qui” è un disco onesto, sincero, fresco e maledettamente riuscito. Dietro la lezione shoegaze dei My Bloody Valentine, dietro certi spigoli appuntiti e certe attitudini svogliatamente grunge, ci sono le storie vere e magicamente adolescenziali di ragazzotti mai cresciuti del tutto.
Perchè se crescere vuol dire perdere la capacità di raccontare di sè, dei propri sentimenti, delle lacerazioni più o meno interiori, e di qualche speranza che dopo tutto brilla tra le pozzanghere e il cielo, allora i Cosmetic non sono cresciuti.
Senza curarsi di un contesto che li bollerebbe di anacronismo demodè, i Cosmetic, a dispetto degli scottanti riferimenti di cui sopra, sono i Cosmetic e nient’altro, magici arrangiatori di quotidianità e di storie di noi tutti.
Nervi scoperti ed emotività da mostrare senza paura, parole semplici e a tratti geniali, musica pop mascherata da noise-rock, o il contrario, poco importa: in un nucleo sonoro pesante come un macigno, pesante come i ricordi che non se vanno mai via, tutte le parti sono meravigliosamente nitide e funzionano fino a sfiorare una fragile e sorprendente perfezione.

É un continuo tuffo indietro nel passato, in quei agli anni ’90 mai rimpianti, tra chitarre acide e schizzate (“Via Maj”, “Crostata”, “Carlo Ha Detto”) e introspezioni ben riuscite e finalmente non banali (“Ragazzo Crudele”, “Ehi, Sintonia”), la gioventù sonica si scontra/incontra con la gioventù fancazzista di oggi, in una sorta di imprevedibile e riuscitissimo scambio di vedute dove anche le zeta “moscie” alla romagnola caratterizzano come, e forse anche di più, dei delay e dei flanger, un disco tanto pop quanto geniale e semplice.
Perchè le cose migliori son quasi sempre le più semplci, si dice. É una vecchia storia, lo so, ma per una volta, sforzatevi di crederci.

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