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Julian Casablancas – Phrazes for the Young

2009 - RCA
indie/rock

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Tracklist

1.Out of the Blue
2. River of Brake Lights
3. 4 Chords of the Apocalypse
4. 11th Dimension
5. Ludlow St.
6. Glass
7. Left & Right In The Dark
8. Tourist

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La prima volta che fai partire “Phrazes For the Young” rimani spiazzato. Scorri velocemente con lo sguardo la track list dell’esordio solista del leader degli Strokes e ti accorgi che le canzoni sono pochine, solo 8. Poi guardi meglio e noti che la durata delle canzoni è tremendamente più elevata di quel che ti aspettavi. Addio 2 minutes songs. Il 26enne Casablancas prova a rompere lo schema compositivo tipico degli Strokes per crearsi un’identità autonoma.“Phrazes For the Young” non vuole esser un disco degli Strokes. Ci prova con tutte le sue forze a non essere un disco degli Strokes, a cominciare dalla struttura. Intendiamoci, niente cavalcate epocali da 10 minuti e più, ma non vi è un solo pezzo che duri meno di quattro minuti, e la maggioranza supera con nonchalanches i 5 quando gli Strokes arrivavano col fiatone ai 3 minuti. Ma non è una mera questione di dimensioni, non è una gara a chi ce l’ha più lungo (al contrario degli interminabili assoli di certa musica). La dilatazione dei tempi è funzionale al piano generale dell’opera. Le architetture interne si fanno più complesse, le linee melodiche si moltiplicano e si intrecciano tra loro andando a creare un unicum sonoro compatto, la cui ricchezza non è apprezzabile se non dopo ripetuti ascolti. L’effetto osservato all’interno dei pezzi si ripresenta allargando il focus all’album nella sua totalità, rendendo una recensione dei singoli brani inadeguata (oltre che noiosa).

Dal punto di vista strumentale questo disco è un grido d’amore ai sintetizzatori. Niente più schitarrate ruvide dal seminterrato del palazzo accanto. Basta con amplificatori gracchianti e riff pungenti. Qui pure le chitarre suonano quasi come tastiere. C’è un motivo ben preciso se la copertina dell’album ritrae il nostro Julian seduto di fronte a una chitarra che se ci fai caso sembra quella di Guitar Hero, idem per il pianoforte alla sua sinistra ed il grammofono. Tutto è rivisitato in chiave futuristica per un viaggio spaziale dal gusto un poco retrò come tanto va di moda adesso; un viaggio in cui a guidarci è la voce di Casablancas, che resta, volenti o nolenti, la voce che ha reso famosi gli Strokes.

Il risultato finale è un disco piacevole, nelle cui meccaniche si entra più lentamente di quanto ci si potrebbe aspettare, un disco che sarà capace di raccogliere consensi e critiche sia tra i fan degli Strokes che tra chi i quattro viziatelli di New York proprio non li poteva vedere. Insomma: un gustoso stuzzichino da ascoltare magari attendendo l’arrivo di qualcosa anche solo comparabile a “Is this it?”.

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